Banca Etruria (foto LaPresse)

Quel che vorremmo leggere da De Bortoli sui poteri forti che ben conosce

Renzo Rosati

Le "vicende opache" di cui parlare prima di arrivare in Etruria

E allora? Nell’ipotesi peggiore per Maria Elena Boschi, l’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni confermerà la richiesta di occuparsi nel 2015 di Banca Etruria, seguita dall’apertura e chiusura di un dossier “affidato a un collaboratore”. Cioè troverebbe riscontro quanto scritto dall’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli nel libro Poteri forti (o quasi). In attesa che Ghizzoni profferisca eventualmente verbo, Unicredit smentisce e Boschi querela. Beppe Grillo e Matteo Salvini rispolverano il jingle del renzismo prono alle banche, che ebbe un qualche successo al referendum costituzionale, e Pier Luigi Bersani, dopo assenza post-scissione, imita il Peppone che svegliandosi dalla pennica in parlamento si mette a gridare “Fascisti!”. Altrimenti andranno avanti gli avvocati. Ma comunque: where is the beef? E come si spiega la schizofrenia di un giglio magico bancario che sempre in quel 2015 (novembre) approvò la direttiva europea del bail-in che in pochi giorni liquidò Etruria e consorelle, mentre a febbraio aveva obbligato le popolari a trasformarsi in spa mettendo fine proprio al modello Etruria?

  

La bistecca in tavola non c’è; ma in realtà sarebbe meglio sollevare lo sguardo sull’ennesima rentrée del mega-complottismo su “Renzi padrone d’Italia” che ha già dato bella prova nella naufragata inchiesta Consip di Henry John Woodcock (il quale se la vede con il Csm), ma ahimè anche in un precedente con protagonista sempre de Bortoli. Il 3 ottobre 2016 FdB firmò in prima pagina del Corriere l’editoriale “Un’opaca vicenda bancaria” sul Monte dei Paschi di Siena. Il succo era che Renzi “con un accordo di governo” e “senza trasparenza” si era consegnato mani e piedi alla JpMorgan. Così l’ad uscente di Mps, Fabrizio Viola, aveva appreso della sostituzione da un sms del renziano Marco Carrai. Un errore, questo, ammesso da De Bortoli, dopo querela di Carrai. Come è finita Mps lo sappiamo: l’“opaca vicenda”, cioè la ricapitalizzazione con soldi privati, non è andata avanti, mentre la banca è ora a carico dei contribuenti. Renzi è caduto sul referendum, il patto di ferro con JpMorgan si è rivelato una balla: la banca americana – oggetto di tormentone sui social network con il suo capo Jamie Dimon che dettava la riforma costituzionale, fake news ideata da tale Enzo Di Salvatore del comitato No Triv – è stata un anno fa al 16 posto per affari conclusi in Italia, l’anno prima decima, nel 2014 settima.

Laterina, manifestazione dei truffati di Banca Etruria nel paese del ministro Boschi


Insomma, comunque finisca quest’altra puntata, da un giornalista stellare come FdB, due volte direttore del Corriere, una del Sole 24Ore, top manager di Rcs, Longanesi, Flammarion, una qualche maggiore precisione sarebbe giusto aspettarla. Così come un occhio un po’ meno indulgente verso i refrain grillini-leghisti riguardo ai poteri forti, titolo del suo libro. Lui con quei poteri ha avuto davvero a che fare, e ne è stato interprete, avendoci trattato come azionisti e interlocutori in via Solferino: Banca Intesa, Mediobanca e la Fiat di Gianni Agnelli erano le sue latitudini e longitudini, allora salotti davvero buoni di un capitalismo referenziale e magari senza capitali. Sui quali FdB avrebbe molto da raccontare, se volesse. I banchieri di riferimento – Gianni Bazoli, Corrado Passera, Alessandro Profumo – votavano alle primarie uliviste e patrocinavano (Bazoli) coalizioni di governo.

  

Massimo D’Alema, da premier, si incontrava con Enrico Cuccia in via Margutta, chez Alfio Marchini. Le banche si autoproclamavano sistemiche reggendosi sui patti di sindacato. Oggi che, almeno Intesa e Unicredit, si dedicano al loro lavoro risanate da azionisti di mercato, sono “sterco del diavolo” à la Bergoglio, assillo del complottismo stile Salvini. Salvo invocarne il soccorso sociale come fece Enrico Letta nel 2013 per Alitalia, con gli allora vertici di Cassa depositi e prestiti (che minacciarono dimissioni), e come fa sempre Susanna Camusso, per Alitalia e qualsiasi cosa ci sia da nazionalizzare. Queste sarebbero storie da leggere per la penna di de Bortoli.

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