Manifestazioni dei lavoratori Alitalia (foto LaPresse)

Alitalia e il rischio di un salvataggio mascherato

Mario Sechi

Mentre va in scena il solito scontro ideologico una cosa è chiara: il conto della compagnia, in ogni caso, non farà mai zero per le casse dello Stato

San Cleto

Alideologia. Puntuale come la beffa quando la situazione si fa seriosa è arrivato il dibattito su cosa sta sopra e sotto la crisi di Alitalia: l’ideologia, perbacco. La compagnia è una pila scarica, ma le polarità sono sempre opposte e stamattina mostravano la loro carica positiva-negativa viaggiando sulle onde della radio. Cominciamo dalla casa del titolare di List, Radio24: Giovanni Minoli ha intervistato Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, il quale ha detto un paio di cose interessanti: 

  1. Il salvataggio statale è escluso;
  2. Ci sarà un prestito-ponte per garantire la gestione commissariale e la continuità dei voli. La cifra ipotizzata è di circa 300-400 milioni, per un periodo limitato di 6 mesi;
  3. L’ipotesi di un acquisto di Alitalia da parte della compagnia tedesca Lufthansa sarebbe interessante da esplorare.
  4. Il management di Alitalia ha sbagliato tantissimo e lo ha fatto anche con una certa dose di arroganza;

 

Non male. Il conto del No dei dipendenti è in arrivo e sarebbe un’assoluta novità quella di un governo che fa valere i principi di economia aziendale e sostenibilità pubblica in un caso che finora è costato ai contribuenti italiani 7.4 miliardi di euro.

E l’altro polo della batteria? Andava in onda su Radio Radio, con il nome e cognome di Esterino Montino, storico dirigente della sinistra, oggi sindaco di Fiumicino che vede uno tsunami in arrivo. Cosa ha detto Montino? Ha scodellato il problema dell’ideologia, cosa che in effetti mancava per dare un tocco vintage al già edificante dibattito in corso: 

  1. Adesso noi italiani siamo passati al liberismo più totale più folle e debbo sentire il ministro dello Sviluppo Economico fare una dichiarazione ridicola dicendo - ah per carità lo Stato - che sarà mai?
  2. Hanno una posizione completamente sbagliata, una posizione ideologica. Come quelli che una volta volevano statalizzare tutto mentre oggi invece liberalizzare a tutti i costi anche quando sei di fronte ad un vero proprio dramma sociale.

 

Il dramma di Montino è quello del politico che deve fare i conti con i suoi elettori. E i contribuenti? Sono là, assistono allo scontro – ideologico, mi raccomando - come un gregge in attesa della tosatura. Perché salvataggio o no, una cosa è chiara: il conto di Alitalia in ogni caso non farà mai zero per le casse dello Stato. Tra ammortizzatori sociali, prestiti-ponte (costano anche quelli), partite contabili varie alla fine salterà fuori un conto da un miliardo. Non ci credete? Mettetevi in lista d’attesa, la partitona in corso è da popcorn da sgranocchiare lentamente e deglutire a litri di coca cola, lo spettacolo è unico. Stamattina, messo a fuoco dalle telecamere di Uno Mattina (Rai1), il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, ha scodellato la sbobba a cui tutti – sopra e sotto - stanno pensando: “Per me la partita non è chiusa bisogna fare di tutto per evitare che 20mila famiglie subiscano le conseguenze di questa situazione. Noi speriamo di riaprire la discussione sul piano industriale, a partire proprio dalla riduzione dei sovraccosti e dall'eliminazione degli sprechi, altrimenti questa compagnia, a pezzi o tutta intera, rischia comunque di essere svenduta con enormi costi sociali”. Gli schieramenti si stanno formando: Bargallo + Montino. Poi mettete dentro la Cgil, la Cisl, i Cinque Stelle, la sinistra scissionista, quella che pensa al voto…. sì, pare ci sia anche quella. Sui giornali stamattina si parla di Matteo Renzi e dei suoi dubbi sulla linea dura seguita dai ministri, è spuntato perfino un bisogna fare di tutto. Tutto cosa? Il profilo Twitter dell’ex premier per ora sul tema è muto. Attendiamo le prossime ore per capire da che parte sta Renzi. Nel frattempo, il titolare di List vede bollire in pentola la brodaglia che può condurre al pasticciaccio grosso: il salvataggio mascherato. Eccoci qua, siamo alla domanda finale: chi paga? E’ un problema che la politica non si pone ma che da qualche parte deve trovare una soluzione: l’azionista non ha nessuna intenzione di proseguire con il giochino di buttare soldi nella fornace senza una significativa riduzione dei costi, lo Stato ha il problema delle regole europee, dell’impopolarità di un salvataggio e dello tsunami in arrivo su Roma in pieno ciclo elettorale.

 

La cosa tragicomica della vicenda è che il punto di caduta di Alitalia era noto da tempo. La nuova compagnia era destinato all’avvitamento fin dal suo decollo. Esistono analisi sui bilanci e le inefficienze strutturali che conducono all’esito finale: tutti a terra. Su Avionews uno studio del professor Gaetano F. Intrieri, metteva nero su bianco il futuro, quello che sta accadendo oggi. E la sorpresa – se osserviamo la narrazione dei fatti che circola in queste ore – è che il costo del personale non è quello decisivo. Nel bilancio di Alitalia c’è ben altro: costi di manutenzione esorbitanti rispetto alla media degli altri vettori; costi di handling e assistenza dei passeggeri; costi di vendita; costi del carburante che nonostante il calo netto del prezzo del petrolio continuano ad essere altissimi; noleggi, locazioni e fitti. Conclusione di Intrieri: “Alitalia è troppo piccola per essere grande e troppo grande per essere piccola”. Aggiungete a questo quadretto da aereo più pazzo del mondo che in questi anni il management non ha mai trovato un posizionamento di mercato e avrete un crash landing. Povera Italia.

 

Post scriptum. Mentre il titolare di List scriveva le sue note su Alitalia, è arrivata un tweet di Stefano Fassina, esponente di Sinistra Italiana, allacciate le cinture:

 

 

Siamo all’atterraggio senza carrello. Buttate la schiuma in pista.

 

Liberté! Egalité! Cabaret! Cosa succede in Francia? Che si va al ballottaggio con previsioni scontate, ma in realtà con qualche ferro da toccare. Il discorso di Macron dopo l’affermazione nel primo turno è stato criticato da molti – Hollande per primo - perché era quello di una vittoria che per ora non c’è. E Marine Le Pen ha pur sempre una base molto motivata e nel secondo turno il dato dell’affluenza è destinato a cambiare. Basta il dato dei comuni per capire che tutto è ancora aperto: Le Pen ha vinto in oltre 19 mila comuni, Macron in circa 7 mila. Emmanuel è la metropoli, Marine la campagna. E poi cosa faranno gli elettori della sinistra di Mélenchon? Odiano Macron, è uscito un sondaggio dove il 19 per cento degli elettori di Mélenchon potrebbe votare Le Pen. Chi vincerà? Macron è favorito e ha un solo reale avversario: se stesso.

 

Achtung, la Germania cresce. Il governo tedesco ha rialzato le sue stime economiche, portando la crescita del Pil all'1,5 per cento quest'anno, dal'1,4% inizialmente previsto. Per il 2018 Berlino conferma una stima di crescita dell'1,6 per cento.

 

La portaerei cinese. La Cina ha varato nel porto di Dalian, a nord, la sua seconda portaerei, la prima costruita interamente dai cantieri del paese. Nella zona, tra le potenze dell’area Asia-Pacifico, la sola nazione ad avere una portaerei è l’India, mentre il Giappone ha due portaelicotteri. Con questo nuovo pezzo nel mosaico della forza navale, la Cina afferma la sua supremazia sui mari. Che farà Trump?

 


 

26 aprile. Nel 1917 la Pacific Aero Products Company viene ribattezzata Boeing Airplane Company, il gigante dei cieli.