Marine Le Pen (foto LaPresse)

La rilevanza della Le Pen "da battere" preoccupa gli investitori

Alberto Brambilla

Gli analisti delle banche d'affari si destreggiano per superare i sondaggi fake. L'incertezza è sovrana e fa rima con Marine

Roma. Dall’inizio dell’anno le obbligazioni sovrane e societarie francesi – il termometro della fiducia degli investitori – hanno moderatamente sofferto l’incertezza relativa al risultato delle elezioni presidenziali. A motivare lo sconforto c’è la prospettiva di una vittoria al primo turno, tra dieci giorni, del candidato protezionista-nazionalista Marine Le Pen del Front national (Fn) che promette di indire un referendum – dai tempi lunghi, un anno o più – per l’uscita dall’euro della Francia, paese pilastro. La condizione di relativa calma sui mercati non sembra però ancora apprezzare un evento potenzialmente minaccioso per l’esistenza della più grande unione economica del mondo, anche con contraccolpi negativi per il debito sovrano italiano – colpirlo è ormai una specie “hobby” per gli speculatori, come dice Alberto Gallo (Algebris) al Financial Times. Il bello, insomma, deve ancora venire.

 

Gli analisti delle banche d’affari sono in gran fibrillazione, i paper escono copiosi, e si destreggiano nel tentativo di capire come andrà al di là di sondaggi demoscopici – dimostratisi fallaci sia sulle presidenziali americane sia sulla Brexit, eventi dalle conseguenze se possibile più moderate rispetto alle elezioni francesi, che potrebbero costituire comunque l’ennesima ondata di destabilizzazione. “I sondaggi sono diventati meno affidabili e danneggiano anche la fiducia del mercato”, ha detto Daniel Murray di Efg Asset Management’s. “Più ci avviciniamo alla data, più cresce la paura che venga eletta Le Pen”.

 

E’ tuttavia dalle ultime rilevazioni per il primo turno del 23 aprile, quello che darà indicazioni valide sul vincitore potenziale al ballottaggio del 7 maggio, che bisogna partire per capire quanto sia alto il grado d’incertezza. I quattro candidati non sono mai stati così vicini: l’euroscettica Le Pen (24 per cento), il centrista Emmanuel Macron, ex banchiere Rothschild ed ex membro dell’esecutivo uscente (24), il candidato della destra-liberale François Fillon, infangato da scandali famigliari (19) ma preferito, ad esempio, da David Zahn, capo investimenti per l’Europa del grande fondo americano Franklin Templeton, e l’euroscettico di sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon (19), convincente nelle apparizioni televisive, sul quale finora l’attenzione dei mercati s’è concentrata poco “ma che sta emergendo nelle ultime due settimane come un candidato da non sottovalutare”, dice ad esempio Pierre Vernet di Goldman Sachs, banca americana che ha appena consigliato ai clienti di vendere titoli francesi temendo Le Pen.

 

Il nuovo “indicatore dell’incertezza” di Société Générale – la percentuale dei votanti che non ha ancora deciso, deciderà all’ultimo, o non voterà – è a livelli più alti delle elezioni del 2012 e del 2007 ma è più basso del 2002, quando Jean Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del Fn, arrivò al secondo turno, poi travolto dalla valanga per il gollista Jacques Chirac. La banca francese, legata all’Eliseo, minimizza, evidenzia che la “wild-card” Le Pen può nascondersi tra la massa di “indecisi” – qualcuno può vergognarsi a dirsi nazionalista ai sondaggisti – ma in fondo non a livelli eccezionali. Per Exane Bnp Paribas la speranza è nella popolazione anziana – il 40 per cento dei votanti sono pensionati – perché l’uscita dall’euro, con l’inflazione alle stelle, ridurrebbe il loro potere d’acquisto, “solo il 15 per cento voterebbe Le Pen” nella fascia d’età sopra i 65 anni – la banca non valuta tuttavia che l’insicurezza provocata dalle minacce terroristiche potrebbe prevalere sul costo della baguette. Nomura, banca giapponese esposta sul debito europeo, invece assegna alla vittoria dei candidati populisti Le Pen e Mélanchon una probabilità del 36 per cento, più di quanto previsto per Brexit e Trump a questo punto. L’esistenza dell’Eurozona come la conosciamo sarebbe a rischio con entrambi. Peter Rosenstreich, stratega del broker elvetico Swissquote – che monitora anche l’umore dei social newtork attraverso un indice ad hoc elaborato con il Politecnico di Losanna –, sostiene che vendere euro e comprare franco, valuta rifugio, è “il trading che fa chiunque teme un risultato inatteso a queste elezioni”. Inatteso fa rima con Marine.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.