La sede della Bce a Francoforte (Foto Lapresse)

Un piccolo passo verso la mutualizzazione dei debiti, un gran passo per l'Europa

Carlo Torino

Cosa sono e come funzionano le proposte di Eurobond secondo gli studi del Centro Europeo per il rischio sistemico

Roma. S’è parlato di circolo demonico, o se si vuole demoniaco, in riferimento a quel nucleo composito di relazioni fra rischio sovrano e rischio sistemico nell’Eurozona; quel vento che spazza via i simulacri di stabilità e di solvibilità dell’industria finanziaria. E come porre dunque un argine al propagarsi violento di tali nessi incomprensibili – o comprensibili solo a posteriori – fra due distinti ambiti di crisi? Un innesto tossico apparentemente ineluttabile, fatto di nodi che paiono inestricabili.

 

Ma le proposte – almeno in ambito teoretico – presentano un indiscutibile valore, che ne giustifica dunque un’analisi più approfondita. Vediamo dunque come esse si articolano, e quale ne sia il carattere profondamente innovativo.

 

E' forse opportuno a tal proposito partire da quella – la più strutturata e meglio argomentata – caldeggiata da Marco Pagano, professore di Economia all'Università Federico II di Napoli, in un documento di analisi formulato per conto del Centro Europeo per il rischio sistemico (Esrb).

 

Nella sostanza, occorre piegare – ai fini di una effettiva comprensione dello strumento – sul concetto di cartolarizzazione. Che cosa s’intende con questa complessa, diremo così, categoria dello spirito? Ebbene, null’altro che un trasferimento del rischio di credito (eventualità di vederci non corrisposto il capitale del nostro investimento in virtù di un’insolvenza del debitore/emittente) di un gruppo di attivi (portafoglio), quanto più eterogeneo possibile, da parte di un soggetto originario (originator) in capo a una struttura con personalità giuridica indipendente (Spv).

 

L’Spv a sua volta finanzia l’acquisto attraverso un’emissione di titoli sul mercato (asset-backed), corrispondendo un flusso cedolare agli acquirenti supportato dai flussi finanziari del portafoglio di attivi sottostante. Quella che Quadro Curzio sul Sole 24 Ore definisce con fine allegoria una “partita di giro”. Ma c’è di più: la struttura di capitale – l’insieme delle passività della Spv – viene a esser sottoposta a un processo di tranching, intimamente connesso concetto di privilegio nei rapporti obbligazionari.

  

Nella sostanza, si vanno a stabilire diversi livelli di subordinazione nella struttura finanziaria della Spv, diversificandone in questo modo il grado di rischio. La parte senior, la meno rischiosa, in quanto supportata nell’assorbimento eventuale delle perdite da almeno un’ulteriore tranche con privilegio subordinato, definita mezzanina, e dalla tranche equity o junior: totalmente priva di privilegio. Quest’ultima assorbe, in prima istanza, le perdite derivanti da eventuali default nel portafoglio di attivi.

 

Questo l’impianto tecnico su cui va ad articolarsi la proposta degli Esb-ies, ovvero Eurobond sintetici (definiti anche Sbs – sovereign backed securities): l’idea di utilizzare una struttura cartolare permanente, attraverso il Fondo Salva Stati (Esm), con lo scopo di giungere a concepire nei fatti a una forma di obbligazione comunitaria risk-free.

 

Innanzitutto, per quale motivo definirli “sintetici”? Se si acquista un’obbligazione Rmbs (Residential mortgage backed securities), una cartolarizzazione di mutui residenziali – per esempio –, di fatto si ottiene un’esposizione alle variabili rischio-redimento di quel portafolgio di mutui, ma senza doverlo direttamente acquistare.

 

Senonché, dicevamo, Pagano (e altri) propone una struttura cartolare nella quale il portafoglio sottostante sia costituito da quote del debito pubblico dei vari paesi dell’Uem. La composizione dei portafogli dovrebbe seguire la logica della capital-key inerente alle partecipazioni al capitale dell Bce: e cioè in relazione alla popolazione e al prodotto interno lordo di ciascun paese. La struttura finanziaria verrebbe ad articolarsi intorno a due tranche o livelli di subordinazione.  La prima - quella senior - definita ESBies (Euro safe bonds), la quale verrebbe ad assumere un profilo di rischio pressoché identico a quello del decennale tedesco. La seconda - EJBies, Euro junior bonds – costituirebbe invece la tranche junior o leveraged, subordinata nei pagamenti delle quote capitale e in prima fila ad assorbire le perdite.

 

Per quanto concerne i portafogli di bond sottostanti, una prima fonte potrebbe esser quella delle obbligazioni sovrane detenute sui bilanci delle banche centrali nazionali (Sebc), accumulate nell’espletamento del Qe voluto dalla Bce. Quote di questi titoli verrebbero ceduti in blocco all’Esm, il quale in funzione di originator, andrebbe a porre in essere il tranching della struttura. L’obiettivo, attraverso l’inserzione nel mercato di una fetta sempre crescente di titoli Esb-ies senior, è quello di incrementare l’offerta di titoli tripla-A o risk-free: che rammentiamo oggi essere rappresentati solo da Germania, Lussemburgo e Olanda. Il valore complessivo del debito di queste nazioni è ad oggi di tremila miliardi di Euro. La misura della divergenza con gli Stati Uniti ci viene ad essere offerta dai 19 mila miliardi di dollari di debito pubblico Americano, a tutti gli effetti considerato risk-free.

 

Ma quali i vantaggi di questa moltiplicazione di titoli risk-free? Le istituzioni creditizie dell’Uem potrebbero acquistare quote ingenti di titoli Esb-ies senior, riducendo in misura significativa la dipendenza dal debito pubblico nazionale; lasciando che vanisca a grado a grado quel circolo demonico cui si faceva riferimento tra rischio sovrano e rischio sistemico. Anche l’inclinazione a piegare su titoli concepiti privi di rischio in momenti di elevata volatilità (flight-to-quality) verrebbe a moderarsi, attenuando il tal modo gli effetti nocivi per i bilanci dei paesi più vulnerabili; ponendo le basi per il venir meno di quel premio implicito nelle valutazioni del Bund: conseguenza di quella scarsità di attivi safe-haven. È questo un aspetto di fondamentale importanza, in quanto potrebbe ridurre non solo le probabilità di ulteriori crisi recessive con rimarchevole impatto sulle esportazioni tedesche; ma lascerebbe inoltre che si venissero a dissipare scenari futuri in cui la Germania possa essere chiamata a intervenire attraverso operazioni di bail-out in eventi sistemici.

 

Se il sonno della ragione ha sinora generato dei mostri di dissoluzione dell’Unione; un’interpretazione creativa – in senso finanziario – della categoria della mutualizzazione dei debiti, potrebbe non essere se non un primo passo verso un rinnovamento nello spirito d’integrazione europeo.   

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