Foto Davide Costanzo via Flickr

L'Irlanda è il paese più globalizzato

Tommaso Alberini

Una ricerca dell'Istituto Bruno Leoni analizza la partecipazione degli Stati membri del G20 e dell'UE ai mercati globali. L'Italia è al 17° posto

Il paese più globalizzato del mondo? Secondo l'Istituto Bruno Leoni è l’Irlanda. Il think tank ha presentato a Milano, nel corso di un convegno, “L'Indice della Globalizzazione. La partecipazione degli Stati membri del G20 e dell'UE ai mercati globali (1994-2015)”. Una fotografia degli ultimi 20 anni di globalizzazione con l'Italia che si colloca a metà classifica, al diciassettesimo posto. 

 

Lo studio, condotto da Rosamaria Bitetti, Ornella Darova e Carlo Stagnaro, analizza 39 economie nel periodo compreso tra il 1994 e il 2015, tenendo conto di tre macro indicatori: la partecipazione al commercio internazionale, gli investimenti diretti esteri e la connettività. A questi si accompagna una serie di analisi statistiche che dimostrano come i paesi più “globalizzati”, quindi più aperti al mondo, siano quelli con i tassi di disoccupazione minori (sopratutto per quanto riguarda giovani e donne) e la diseguaglianza tra ricchi e poveri più esigua. Sono anche i paesi meno inquinati, quelli con il Pil pro capite più elevato e una maggiore parità di genere nell’alfabetizzazione della società.

 

Il punteggio dell’indice assegnato a ciascun paese è interpretabile come una “distanza dalla frontiera”, dove la “frontiera” è un paese ideale e virtuale che registra in ciascun indicatore il punteggio più alto riscontrato nelle singole realtà analizzate. L’Irlanda, che dal 2011 occupa tutti gli anni il primo posto della “classifica”, ha 57 punti, seguita da Malta (50) e Danimarca (45). Dal 1994 al 2010 il primo posto è stato perennemente conteso da Malta, Svezia e Danimarca. L’Italia, invece, che negli ultimi 23 anni ha oscillato tra il 14esimo e il 19esimo posto, nel 2015 ha ottenuto 40 punti. In generale, sottolineano gli autori, tutti gli stati dell’Unione europea registrano punteggi medio-elevati. Le peggiori, nell’ultimo anno preso in esame, sono state l’Arabia Saudita (34 punti), l’Indonesia (32) e l’India (31).

 

“Misurare il grado di apertura alla globalizzazione – scrivono Bitetti, Darova e Stagnaro – è importante perché l'internazionalizzazione degli scambi è oggetto di una divaricazione tra percezione e realtà. Infatti, sebbene l'opinione pubblica in molti paesi si sia orientata in senso ostile alla globalizzazione, l'evidenza suggerisce che la partecipazione ai mercati globali sia un fattore di crescita, occupazione ed equità”.

 

A partire da questo report, gli autori giungono alla conclusione che “con le loro scelte di policy, i paesi possono indirizzarsi verso una maggiore o minore apertura. Da queste scelte può dunque dipendere molto della loro crescita futura”.
Per quanto riguarda specificamente l’Italia, invece, il vicedirettore dell’IBL Serena Sileoni rileva che “la posizione occupata nell'Indice di misurazione agli scambi da un lato sottolinea la fiducia che si ha all'estero verso i prodotti italiani, dall'altro, tuttavia, conferma la difficoltà del nostro paese ad attirare investimenti. Per questo attuare con determinazione le riforme strutturali, tagliare la spesa pubblica e ridurre le tasse deve essere la massima priorità della politica”.