Alitalia, la solita rotta verso non si sa dove

Mario Sechi

Perché il mercato globale delle compagnie aeree ha registrato nel 2016 profitti netti aggregati pari a 35,6 miliardi di dollari e invece Alitalia sta(va) per fallire?

Duemila esuberi, tagli del 30 per cento allo stipendio dei piloti, un nuovo presidente con deleghe operative, Luigi Gubitosi. Era quello che ci voleva? Lo vedremo, quello che manca a Alitalia è un piano industriale efficace (quello precedente non ha funzionato), ma anche con i colpi d’ascia di un boscaiolo canadese le vie dei cieli rischiano di restare oscure. Sei ore di consiglio sono servite per ora a dire cose che nel corso degli anni abbiamo già sentito: bisogna diminuire il personale, tagliare i costi e naturalmente farlo con l’accordo dei sindacati. Neanche una parola su un semplice fatto, una domanda: perché il mercato globale delle compagnie aeree ha registrato nel 2016 profitti netti aggregati pari a 35,6 miliardi di dollari e invece Alitalia sta(va) per fallire? Alitalia non riesce a volare ad alta quota in un mercato che in questo momento ha numeri più che positivi. Ultimo rapporto IATA:

  • In gennaio i ricavi per passeggero sono aumentati a livello globale del 9,6 per cento, il massimo dal 2001 e la partenza dell’anno migliore dal 2005;
  • Le prospettive sono buone anche nel 2017, al netto delle incertezze sul prezzo del carburante, gli aggiustamenti dei tassi di interesse e gli shock geopolitici (il terrorismo è un fattore decisivo per il traffico su alcune rotte);

Questi due grafici sono eloquenti:

Con questi numeri e questo andamento del mercato, Alitalia ha continuato a perdere una montagna di soldi. Nei prossimi due anni continuerà a presentare bilanci in rosso e forse nel 2019 andrà in utile. Questa è la teoria, poi c’è la pratica. Anche in questo caso, occhio al trolley.

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