Martin Schulz (foto LaPresse)

Dove va il bastione tedesco

Redazione

La ripresa economica e l’inflazione favoriscono Schulz e Weidmann

Nell’anno elettorale la Repubblica federale crescerà assai meno del previsto. E’ quanto emerge da recenti stime dell’Hamburgisches Weltwirtschaftsinstitut, autorevole istituto di ricerca economica con sede ad Amburgo. La crescita del pil tedesco nel 2017 dovrebbe infatti attestarsi intorno al più 1,1 per cento, assai meno del più 1,9 per cento registrato l’anno scorso e di quanto lo stesso governo federale ancora oggi si aspetta (più 1,4 per cento). All’origine della frenata figurano ragioni diverse, tra cui il calo dei consumi dovuti tanto a un minore afflusso di richiedenti asilo entro i confini tedeschi quanto a inequivocabili segnali di inflazione in aumento. L’incertezza politica, in particolare legata alle sorti della Brexit, ma anche al consolidamento di partiti politici populisti e al riemergere di pulsioni protezioniste, ha poi arrestato la propensione agli investimenti degli imprenditori tedeschi, mentre le importazioni dovrebbero crescere assai più delle esportazioni per via della congiuntura mondiale debole. Nei giorni scorsi l’Ufficio statistico federale di Wiesbaden ha in parte confermato queste previsioni, diramando i dati sugli ordini dell’industria: a gennaio sono scesi del 7,4 per cento rispetto al mese precedente, il calo più vistoso dal 2009. Non molto diversa la prognosi del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (Diw) di Berlino, secondo cui, nell’anno in corso, sia il tasso di occupazione, sia i salari cresceranno meno del previsto e alla fine a risentirne saranno l’economia tedesca ed europea nel loro complesso. Per ora, tuttavia, il rallentamento della locomotiva d’Europa non allarma più di tanto la classe dirigente tedesca in un anno che potrebbe segnare la fine di un’èra, con l’uscita di scena di Angela Merkel dalla cancelleria e poi di Mario Draghi dalla Banca centrale europea.

 

Ad animare il dibattito pubblico a Berlino c’è infatti la discussione intorno al surplus di bilancio di 24 miliardi raggiunto nel 2016 grazie all’opera del parsimonioso ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Mentre cristiano-democratici e cristiano-sociali vorrebbero usare l’avanzo per abbassare le imposte sui redditi medio-bassi, i socialdemocratici, galvanizzati dall’effetto Schulz nei sondaggi, vagheggiano nuove spese per welfare e famiglia. Ma a interessare l’establishment c’è soprattutto il dato relativo all’inflazione, che a dicembre ha fatto registrare il record da tre anni a questa parte, più 1,7 per cento rispetto al 2016. A trainare l’aumento generalizzato dei prezzi sarebbero in particolare il settore energetico e quello alimentare. Stando a diversi osservatori, nei prossimi mesi il tasso di inflazione tedesco dovrebbe toccare e superare il 2 per cento. A tal proposito, l’altro ieri da Francoforte è giunta la notizia che, dopo quattro anni, anche nell’Eurozona l’inflazione è risalita al 2 per cento, il limite fissato dai trattati europei per assicurare la stabilità dei prezzi. Che cosa ci dice questo sulle manovre economiche dei prossimi mesi?

 

Se Draghi potrà cantare vittoria e rivendicare l’efficacia del suo piano di acquisti, Jens Weidmann, al contrario, avrà buon gioco a sottolineare come, a due anni dal varo del Quantitative easing voluto dal presidente della Bce, l’obiettivo del programma è ormai stato centrato e vi sono quindi semmai i presupposti per interrompere gli acquisti di titoli pubblici. D’altro canto, un tasso d’inflazione in rialzo non è necessariamente una buona notizia per tutti i tedeschi, visto che ciò ostacolerà l’aumento dei salari reali. Di qui la forte attenzione del candidato socialdemocratico Martin Schulz per il tema salariale nella campagna elettorale appena avviata. In Germania il tasso di disoccupazione ha raggiunto il minimo storico dalla riunificazione (6 per cento), mentre nel 2016 circa 43 milioni di persone erano occupate, record mai raggiunto finora. Dopo un decennio di moderazione salariale, i socialdemocratici vorrebbero tornare ad allentare i cordoni della borsa, ricompensando i lavoratori che hanno fatto sacrifici in questi anni. L’inflazione in rialzo potrebbe dare una mano proprio a Schulz (e a Weidmann).

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