Perché sul “caso Mps” Bce e Commissione si giocano la loro credibilità

Marco Cecchini

La partita infinita su Monte Paschi si sta rivelando cruciale perché la soluzione costituirà il paradigma comportamentale da tenere in Europa al ripetersi di situazioni analoghe

Roma. La never ending story del Monte dei Paschi di Siena sta diventando il banco di prova sul quale la Commissione di Bruxelles, da una parte, e la Banca centrale europea, dall’altra, misurano la credibilità di due loro giovani e tutto sommato ancora acerbe creature: la Direttiva sul bail in (Brrd) e la Vigilanza unica europea sul credito (Ssm, Supervisory stability mechanism). Il piano di salvataggio con fondi pubblici della banca più antica del mondo, al quale il Tesoro si è risolto in “zona Cesarini” il 23 dicembre dopo il fallimento dell’opzione di mercato, deve passare infatti al vaglio di Bruxelles, in quanto guardiano della normativa sugli aiuti di stato e della direttiva sui salvataggi, e di Francoforte, che ne passa ai raggi x la sostenibilità finanziaria in un’ottica di stabilità sistemica. Al capezzale del malato insomma, si alternano, ciascuno con i propri ferri del mestiere il Tesoro italiano, la Commissione e la Vigilanza unica. Non sempre in accordo tra loro, anche perché non sempre le loro finalità coincidono.

 

Se per il Tesoro, ça va sans dire, l’obiettivo è evitare il definitivo fallimento, Bruxelles deve salvaguardare i principi della direttiva e Francoforte le ragioni della stabilità. Su tutti si posa poi lo sguardo occhiuto delle autorità tedesche contrarie alla concessione di ulteriore flessibilità all’Italia, sui conti come sulla partita del credito. Secondo il Financial Times sono emerse divisioni, in particolare tra Commissione e Bce – il cui accordo è necessario per autorizzare l’operazione – su una serie di punti non secondari, come l’entità dell’intervento statale consentito, la partecipazione dei creditori privati alla ricapitalizzazione, il piano di ristrutturazione della banca, con un rimpallo di responsabilità che sembra confermare la delicatezza del banco di prova. Ieri Bruxelles non ha né confermato né smentito quanto riportato dal quotidiano, ribadendo che “la Commissione lavora con le autorità italiane e quelle di vigilanza per valutare la compatibilità dell’intervento pubblico con le norme dell’Unione”. La Bce invece ha precisato che l’accordo sulla ricapitalizzazione precauzionale riguarda “esclusivamente” Roma e Bruxelles.

 

I generosi aiuti agli investitori si pagano Dunque cosa si nasconde veramente dietro le attuali tensioni? In realtà Bruxelles ha due punti fermi, ribaditi per esempio in occasione della decisione del Tesoro del 23 dicembre, applicabili al caso Monte Paschi. Il primo riguarda l’entità dell’intervento pubblico, che deve essere commisurato alla carenza di capitale quantificata dagli stress test senza superarla. Nel caso di Mps il 29 luglio 2016 l’Eba rilevò un azzeramento del capitale Mps al verificarsi dello scenario più negativo. Il secondo punto riguarda il trattamento dei possessori retail di obbligazioni subordinate, che possono essere rimborsati “in caso di misseling”, nel caso in cui i prodotti siano stati venduti loro in modo fraudolento. Si tratta di circa 40 mila clienti Mps che lo stato ha deciso di rimborsare, integralmente e senza distinzione di sorta. Non è chiaro se gli uomini di Margrethe Verstager, la responsabile dell’Antitrust europeo che ha la responsabilità del dossier, siano disposti a sorvolare su questo particolare accettando di considerare – tutti – i risparmiatori come frodati.

 

Che il problema sia sul tavolo lo conferma l’uscita del capo segreteria del ministero dell’Economia, Fabrizio Pagani, che ha reso nota la decisione del Tesoro di abbassare il rapporto di conversione delle obbligazioni subordinate, al di sotto dell’originario 100 per cento per la componente retail, e sotto il 50 per cento per gli investitori istituzionali – prima era al 75. La vendita di subordinated bonds ai privati singoli è un costume italiano che non ha riscontri altrove. Per quanto riguarda gli istituzionali la Commissione ha ammorbidito la sua posizione col tempo. Nel 2015 il secondo round del salvataggio del portoghese Banco Espirito Santo, risolto e poi risorto come Novo Banco, fu autorizzato a condizione che i titoli in possesso di selezionati investitori istituzionali fossero azzerati, causando la fuga dei fondi internazionali dal paese e gettando nel caos il suo mercato finanziario. Nel 2016 in occasione del salvataggio di un’altra banca lusitana, Caixa Geral, Bruxelles ha usato un approccio più flessibile. Ma il rimborso quasi integrale di tutti i possessori retail di subordinati e degli istituzionali a poco meno del 50 per cento, proposto dall’Italia, rischia di sconfinare nell’azzardo morale: soprattutto tra i secondi potrebbero non essere pochi quelli che realizzerebbero significative plusvalenze.

 

La misura pone un problema di equità verso i risparmiatori delle quattro banche fallite nel 2015 (da Etruria a Banca Marche) i cui titoli sono stati azzerati. Per tutti questi motivi la partita infinita di Mps si sta rivelando cruciale non solo per l’istituto ma perché la soluzione costituirà il paradigma comportamentale da tenere in Europa al ripetersi di situazioni analoghe. Bruxelles e Francoforte si giocano la loro credibilità. E l’Italia, osservata speciale, la cui industria bancaria sarà radiografata al prossimo vertice europeo dei ministri finanziari a Malta, è in mezzo a questo gioco reputazionale per lei ad alto rischio. 

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