(foto LaPresse)

Schiaffo della Corte al referendum Cgil

Redazione

Il tempo indeterminato è salvo. Buona notizia per i lavoratori

Dichiarando l’inammissibilità del quesito manipolativo sull’articolo 18 versione Jobs Act, la Corte costituzionale ha salvato il contratto di lavoro a tempo indeterminato e con esso le prospettive di molti lavoratori. L’ordalia a cui saremmo andati incontro con un referendum demagogico e ideologico avrebbe trasformato il sistema politico in una polveriera, ma soprattutto avrebbe terremotato la vita di centinaia di migliaia di imprenditori e di milioni di lavoratori attuali e potenziali. Ci si lamenta se nel 2016 i contratti a tutele crescenti hanno subìto una frenata rispetto ai numeri molto positivi del 2015, ma questo semmai dovrebbe indurre la politica a lavorare seriamente per ridurre il costo del lavoro e rendere di nuovo conveniente l’assunzione – non a sostituire la moderata flessibilità attuale con una insensata e inaudita rigidità.

La Cgil voleva estendere la tutela reale del vecchio art. 18 a tutte le imprese con più di cinque dipendenti. Il contratto a tempo indeterminato sarebbe diventato una chimera. In più, l’Italia avrebbe nei fatti detto agli investitori italiani ed esteri: siamo cialtroni, non credete alle nostre riforme e non investite qui, perché cambiamo presto le carte in tavola. Restano i quesiti sugli appalti (più serio di quanto appaia: è in gioco la certezza degli investimenti) e quello sui voucher. Ma la strada per il raggiungimento del quorum per i due quesiti di contorno pare assai in salita.

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