Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il fronte del No festeggia. L'Economist si schiera contro Renzi

Redazione

Secondo il settimanale inglese infatti la riforma del della Costituzione “non riesce ad affrontare il problema principale, che è mancanza di volontà da parte dell’Italia a essere riformata”.

Il settimanale britannico Economist si schiera con il No alla riforma costituzionale italiana. E il fronte anti Renzi esulta. Secondo il settimanale inglese infatti la riforma del della Costituzione “non riesce ad affrontare il problema principale, che è mancanza di volontà da parte dell’Italia a essere riformata”. E i benefici sfumerebbero a causa del rischio di un esecutivo troppo forte:“Questo nel paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi, ed è preoccupantemente vulnerabile al populismo”. Insomma nulla di nuovo sul fronte italiano. La solita argomentazione trita e ritrita, la stessa che ha bloccato anche il disegno di riforma della costituzione del governo Berlusconi nel 2006.

Poco importa se è lo stesso Economist a riconoscere l'inefficacia del bicameralismo perfetto, a preoccupare oltremanica è la presunta pericolosità del Senato delle autonomie: “Regioni e Comuni sono gli strati più corrotti del governo”, sostiene, e “potrebbero rendere il Senato una calamita per i più squallidi politici italiani. Allo stesso tempo, Renzi ha passato una legge elettorale per la Camera che dà immenso potere a qualsiasi partito vince nella camera bassa”.

E così se l'Italia in questi anni, secondo il settimanale inglese, “è stata a lungo la più grande minaccia per la sopravvivenza della moneta unica e dell'Unione europea”. E se“il suo Pil pro capite è bloccato a livello della fine del 1990. Il suo mercato del lavoro è sclerotico; le sue banche sono infarcite di non performing loans”, i crediti deteriorati; “lo stato è gravato dal secondo più alto debito nella zona euro, al 133 per cento del Pil”, riformare non serve. Nonostante, ricorda sempre l'Economist “se l'Italia vira verso il default, sarà troppo grande da salvare. Ecco perché tanta speranza è riposta in Matteo Renzi” che reputa che il più grande problema di fondo in Italia sia “la paralisi istituzionale”. Da qui la necessità di un rinnovamento che, insieme a una nuova legge elettorale, “gli darà la forza per far passare le riforme di cui l'Italia ha disperatamente bisogno”.

Il rischio della vittoria del No è “lo spettro di Grillo come primo ministro, eletto da una minoranza e cementato dalle riforme di Renzi”. E questo “è ciò che molti italiani e gran parte dell'Europa trovano preoccupante”. Che dire, allora, del rischio di un fallimento referendario per il governo? “Le dimissioni di Renzi possono non essere la catastrofe che molti in Europa temono. L'Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come già avvenuto in passato. Se, però, un referendum perso davvero dovesse innescare il crollo dell'euro, allora sarebbe segno che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo”.