Il presidente della Bce Mario Draghi (foto LaPresse)

Un messaggio ai politici

Banchieri centrali sull'orlo di una crisi di liquidità. Draghi ha un Piano riforme

Marco Valerio Lo Prete
BoJ e Fed non chiudono i rubinetti, anzi. La Bce lancia una “task force” per incalzare i governi. Banca d’Italia c’è. Quanto pesa la scadenza del Qe.

Roma. La Banca centrale giapponese vede i prezzi che non salgono come da programma ma, invece di lasciare, raddoppia. Ieri mattina il governatore Haruhiko Kuroda ha annunciato che continuerà con gli acquisti di titoli di stato e in aggiunta, da ora in poi, punterà esplicitamente a mantenere il rendimento sui bond decennali all’attuale livello di zero. La Federal reserve americana, ieri sera, ha lasciato invariati i tassi allo 0,25-0,5 per cento; è la sesta volta di fila che Janet Yellen non tocca il costo del denaro da quando, nel dicembre 2015, annunciò una parziale stretta monetaria. Il mercato del lavoro si rafforza negli Stati Uniti, ma la liquidità continuerà a fluire per un po’.

 


Janet Yellen (foto LaPresse)


 

La Banca centrale europea, guidata da Mario Draghi, finora ha fatto “whatever it takes” per avvicinarsi a quel 2 per cento di inflazione che il mandato le impone, e anche qualcosa di più per salvare la moneta unica. Ma il Quantitative easing avviato nella primavera del 2015 – cioè l’acquisto di titoli e obbligazioni – ha una scadenza: salvo proroghe dovrà terminare nella primavera del prossimo anno. E poi? In seno alla Bce è iniziato un pressing per non chiudere all’improvviso i rubinetti della liquidità. E sempre dall’Eurotower è partito un pressing parallelo all’esterno, sui governi più riluttanti, affinché concentrino le riforme pro crescita in questa finestra di tassi bassi. Va nella stessa direzione la notizia rivelata ieri dai giornalisti di Bloomberg, Jana Randow e Alessandro Speciale, sulla costituzione di una “Task force sulle riforme economiche” in seno alla Bce. Secondo fonti del Foglio, la Banca d’Italia non si è tirata indietro: parteciperà anche lei a questo gruppo che ha l’obiettivo di fare da pungolo alla politica. Inclusa quella italiana.

 

Secondo Bloomberg, la Task force per le riforme è stata istituita in primavera. Dalla Bce e dalla Banca d’Italia dicono che le riunioni operative “sono appena iniziate”. Certo è che la Task force si muoverà alle dipendenze di una delle commissioni tecniche che assistono la Bce nelle sue decisioni, la Monetary Policy Committee. Il gruppo di lavoro non sarebbe il primo del suo genere, ma questo nello specifico avrà il compito di analizzare le principali riforme strutturali avviate negli ultimi anni e di valutare il loro impatto sullo sviluppo dei rispettivi paesi. La partecipazione a questo come agli altri gruppi di lavoro è riservata ovviamente ai tecnici delle Banche centrali, ed è volontaria. Significativo, oltre che comprensibile, che la Banca d’Italia abbia deciso di farvi parte.

 

Da Francoforte e da Palazzo Koch minimizzano un po’, sottolineando che si tratta di un “gruppo di studio informale, senza intenti prescrittivi”. Probabile, visto che l’autorità di politica monetaria non ha il potere di dettare le riforme. Tuttavia per alcuni paesi non sarebbe la prima volta che da Francoforte arrivano consigli che esulano dalla mera stabilità dei prezzi e si concentrano su fisco, Pubblica amministrazione e altro ancora. L’Italia, per esempio, nel 2011 fu destinataria dell’ormai celebre missiva firmata dall’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e dall’allora governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, con all’interno una lista di riforme da avviare per poter godere dell’acquisto di titoli di stato. Questa volta la Task force della Bce assomiglia a tutto tranne che a un commissariamento, dicono da Francoforte. Il lavoro dei tecnici che si riuniranno dovrebbe sfociare in un lavoro analitico simile a quello pubblicato lo scorso aprile dalla Commissione europea, intitolato “The Economic Impact of Selected Structural Reform Measures in Italy, France, Spain and Portugal”. L’auspicio del Consiglio direttivo della Bce, come dimostrano i sempre più incalzanti inviti pubblici di Draghi, è che la moral suasion questa volta sia più efficace. D’altronde il marzo 2017 si avvicina, e con esso l’attuale scadenza del Quantitative easing. Ora Banca d’Italia ha uno strumento in più per ricordarlo a Matteo Renzi.

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