Mario Draghi (foto LaPresse)

Draghi pungola Berlino e i banchieri che usano i tassi bassi come alibi

Alberto Brambilla
La Bce sprona la Germania a usare lo spazio di bilancio per investimenti e, come la BoE, redarguisce le banche.

Roma. Due Super Mario hanno catalizzato l’attenzione dei mercati. Le azioni della Nintendo sono balzate del 18 per cento dopo l’annuncio che il personaggio iconico del gigante giapponese dei videogiochi, l’idraulico Super Mario, debutterà su iPhone. Le azioni delle Borse europee hanno invece reagito con disappunto quando l’altro Super Mario, il presidente della Banca centrale europea, ha deciso insieme ai membri del Consiglio direttivo di lasciare al momento invariate le misure di stimolo, mentre gli analisti si aspettavano indizi palatabili sulle prossime mosse. La crescita dell’Eurozona è infatti moderata, statica, e con rischi al ribasso mentre il programma di acquisto di titoli di stato, il Quantitative easing (Qe), ha appena superato i 1.000 miliardi di euro, oltre la metà dell’ammontare previsto, e i titoli acquistabili scarseggiano.

 

In conferenza stampa Draghi ha detto che il Qe è ideato per terminare a marzo 2017 e potrà essere prolungato se non sarà osservato un sostenuto aggiustamento dell’inflazione; segnalando la volontà di intervenire se necessario. Inoltre Draghi, con un commento parallelo a quello del governatore della Bank of England (BoE), Mark Carney, ha dato una stoccata ai banchieri (tra i quali John Cryan di Deutsche Bank) che imputavano la compressione della redditività all’imposizione dei tassi negativi: “I tassi di interesse bassi non dovrebbero essere usati come giustificazione per tutto quello che non funziona nelle banche”, ha detto aggiungendo che sebbene i tassi bassi siano “una sfida” per le banche il panorama per il settore è migliorato perché la frammentazione del mercato creditizio è “finita” e “il credito continua a crescere costantemente dal 2014”.

 

Il messaggio chiave Draghi l’ha però riservato ancora una volta ai governi che devono assestare “riforme strutturali amiche della crescita”, anche per ridurre il tasso di disoccupazione. Per la prima volta da anni Draghi si è anche trovato nella notevole situazione di rispondere in modo diretto a domande su cosa non va in Germania, anziché sulle inadempienze dei paesi latini, Italia in testa, o sulle critiche rigoriste della Bundesbank e del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble: “Se la Germania ha lo spazio fiscale per prendere decisioni favorevoli alla crescita, allora lo faccia” – il riferimento va agli investimenti pubblici infrastrutturali. Il presidente della Bce inizialmente aveva solo indirettamente puntato l’indice su Berlino, citando il G20 di Hangzhou (Cina) dove erano finiti sotto accusa i paesi con eccessivo surplus commerciale.

 

Secondo l’Ifo di Monaco di Baviera l’avanzo estero tedesco quest’anno raggiungerà il record di 310 miliardi di dollari, sorpassando la Cina e segnando un aumento del 25 per cento sul 2015. Ancora più, si tratta di quasi il  9 per cento del pil mentre le regole europee vietano uno sforamento superiore al 6 per tre anni di seguito: rispetto a questo parametro, voluto a suo tempo proprio da tedeschi e francesi per impedire squilibri tra i partner dell’euro, Berlino è fuori norma da nove anni. Eppure nonostante l’export la manifattura tedesca ha fatto registrare a luglio un calo inatteso dell’1,5 per cento. Ma la politica guarda altrove: nel 2017 ci sono le elezioni per la Cancelleria e dopo la netta sconfitta della Cdu a beneficio di  Alternative für Deutschland – movimento critico delle misure espansive della Bce – nel land della Pomerania, l’insuccesso potrebbe ripetersi tra pochi giorni a Berlino.

 

Schäuble, che con Angela Merkel dovrebbe vedersela direttamente contro i nazional-populisti di AfD, ha spiegato che “l’economia tedesca non è mai andata così bene” annunciando che 15 miliardi di euro saranno impiegati per ridurre le tasse, altri 6-7 finiranno per l’accoglienza ai migranti. Resta il fatto che probabilmente anche la prossima legge di Bilancio tedesca sarà elettorale, il che mette in coda gli investimenti in infrastrutture pesanti, oltre che nel digitale e nella scuola, invocati dalla Bce.

 

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.