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Moltiplicatevi e lavorate

Marco Valerio Lo Prete
Ieri mattina il ministero dell’Economia ha definito “ipotesi e cifre prive di fondamento” quelle circolate in queste giorni sui media a proposito della prossima legge di Stabilità.

Roma. Ieri mattina il ministero dell’Economia ha definito “ipotesi e cifre prive di fondamento” quelle circolate in queste giorni sui media a proposito della prossima legge di Stabilità. Prima della prossima nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def) attesa entro il 20 settembre, con le stime di crescita e sui conti pubblici aggiornate, i numeri saranno effettivamente scritti un po’ sulla sabbia. Certo è che dentro e fuori l’esecutivo è in corso un fisiologico scontro su quali siano le priorità da finanziare, visto che le risorse non sono infinite (anche se ieri il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, già contemplava uno sforamento del rapporto deficit/pil almeno sopra il 2 per cento). Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenendo su Facebook ha offerto almeno un’indicazione di massima: abbassare le tasse è “giusto”, ha scritto, ma è anche decisivo per la “competitività” e per questo il governo intende “continuare” sulla strada intrapresa anche con la “prossima legge di Stabilità”. Sfuma così il trasferimento massiccio di risorse verso il rinnovo contrattuale dei dipendenti pubblici, fortemente voluto dai sindacati? O si eclissa forse il gioco al rialzo sulle cifre da destinare ai pensionandi (via prepensionamenti in forma di Ape) e ai pensionati (inclusa l’ottava salvaguardia dei cosiddetti esodati)? Non è detto, anche se una maggiore attenzione ai produttori del nostro paese non sarebbe un male, almeno a giudicare dallo stato dell’economia italiana. Considerato pure che la corsa alla pensione col bollino dello stato non fa che diminuire le chance della ripresa. Almeno a giudicare da due recenti studi appena pubblicati sulle conseguenze economiche dell’invecchiamento demografico.

 

La prima ricerca l’ha firmata Shekhar Aiyar per il Fondo monetario internazionale (Fmi). Dove si legge che “in parallelo all’invecchiamento generale della popolazione, anche la forza lavoro dell’Eurozona invecchia. Questo potrebbe causare una minore crescita della produttività negli anni a venire, aggiungendo un altro problema per i governi che già devono gestire conseguenze della crisi come l’aumento della disoccupazione e del debito pubblico”. Secondo il Fmi, il consensus degli economisti ritiene che “una maggiore esperienza lavorativa accumulata nel tempo” può rendere gli europei più produttivi. Ma dopo una certa soglia, grossomodo a partire dai 55 anni in su, la produttività può diminuire per ragioni di salute o semplicemente perché diventano obsolete alcune competenze apprese nel tempo. “Un aumento del cinque per cento della quota di lavoratori tra i 55 e i 64 anni è associato a un calo della produttività totale dei fattori del 2-4 per cento”. Con una postilla allarmante per il nostro paese: “E’ preoccupante che i principali effetti negativi sulla produttività  investiranno quei paesi che meno se li potrebbero permettere, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo e l’Italia. Questi paesi avrebbero bisogno invece di alimentare la propria competitività e di ridurre il tasso di disoccupazione”. Il Fmi quindi non consiglia di far accomodare in pensione i lavoratori più in là con gli anni, visto che ciò è anche fiscalmente insostenibile, ma di puntellare la loro produttività adeguando il sistema sanitario e investendo sulle politiche di formazione e di aggiornamento.   

 

Un altro il punto di vista dello studio appena pubblicato da tre ricercatori americani, Nicole Maestas (Harvard), Kathleen Mullen e David Powell (Rand Corporation). In ciascuno dei 50 stati americani, per ogni aumento del 10 per cento della popolazione over 60, la crescita del pil pro capite diminuisce del 5,5 per cento. Attenzione: il problema non sono i troppi lavoratori anziani di per sé, ma i troppi lavoratori over 60 che scelgono di andare in pensione. Perché in America dimuiscono invece i classici effetti negativi dell’invecchiamento sulla produttività (via salute e competenze deperibili), mentre “l’esperienza di un lavoratore più anziano aumenta non soltanto la produttività dello stesso lavoratore ma anche la produttività di quanti lavorano accanto a lui”. Il Wall Street Journal in un’inchiesta nota che “molti datori di lavoro dicono di non essere a corto di competenze, ma di esperienza”: vale per i medici e per molti operai specializzati. Da qui il suggerimento del quotidiano finanziario a “rivedere i sistemi pensionistici pubblici e privati al fine di incoraggiare un pensionamento più tardivo” quando possibile. Appunti utili per la Stabilità italiana.

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