Una sede dell'European Patent Office a Monaco (foto Kārlis Dambrāns via Flickr)

Dopo la Brexit, l'Italia ha un'occasione unica sui brevetti d'impresa

Iuri Maria Prado
L’accordo era che a Londra si stabilisse una delle tre Corti. Alla luce del recente referendum britannico, c’è da sperare che in Italia si capisca che sarebbe importante averla noi quella sede ora vacante.

L’accordo era che a Londra si stabilisse una delle tre Corti incaricate di giudicare nelle cause sui cosiddetti brevetti europei a effetto unitario (le altre due, a Monaco e a Parigi). Si tratta di brevetti immediatamente e direttamente in vigore negli stati aderenti, brevetti che sarebbero gestiti dal punto di vista giurisdizionale da una Corte unificata distribuita in quel modo, appunto tra Francia, Germania e Regno Unito. Ora, alla luce del recente referendum britannico, un’altra Corte, altrove impiantata, dovrebbe sostituire quella londinese ormai improbabile. C’è da sperare che in Italia si capisca che sarebbe importante averla noi quella sede ora vacante.

 

E non perché il sistema brevettuale europeo a effetto unitario e a giurisdizione unificata sia un buon sistema: ma perché è meglio partecipare a gestirlo, visto che l’alternativa sarebbe esserne puramente sudditi. Quanti infatti, tra gli imprenditori del nostro paese, sanno che potrebbero essere giudicati e condannati da quelle Corti che stanno in Germania e Francia e nei progetti, sino a ieri, a Londra? Quanti di loro sanno che potrebbero vedersi sequestrati i beni aziendali perché un’ordinanza scritta in tedesco dice che sono serviti a violare un brevetto? O che un provvedimento di un giudice francese può indicarli come contraffattori e per questo bloccargli i conti correnti e vietargli di produrre e vendere in decine di paesi? Quanti di loro sanno che un processo in questa materia li vedrebbe costretti a reclamare giustizia, e a subirla, all’estero, in una lingua straniera, con costi tali da mettere a rischio l’ordinaria gestione dell’azienda? I nostri imprenditori queste cose non le sanno perché non gliele ha spiegate nessuno. E infatti l’Italia si è mossa senza perplessità verso l’adesione – diciamo così passiva – a questo sistema, eretto sul presupposto inedito e mostruoso della rinuncia del nostro paese al potere giurisdizionale sull’iniziativa economica dei propri cittadini che fanno impresa. Adesione passiva: nel senso che l’Italia, senza tenere in nessun conto le ragioni notevoli che militavano contro la nostra partecipazione a quel sistema squilibrato, ha preferito far sì che il proprio consenso servisse a far impiantare all’estero quelle centrali giudiziarie incaricate di incriminare l’impresa italiana. Senza nulla imparare proprio dagli inglesi, i quali al contrario ben compresero che quel sistema era pessimo e che l’unico modo per subirne in modo attenuato gli effetti negativi era di ottenere almeno che una delle tre Corti avesse sede nel Regno Unito: e la ottennero.

 

Per il momento il nostro paese è lasciato al rango di subordinazione competitiva e di soggezione giurisdizionale che l’adesione acritica a quell’ordinamento scellerato inevitabilmente ci assegna. Ma adesso qualcosa è possibile fare. Adesso sarebbe forse possibile almeno tentare di giustapporre la nostra pretesa a quella altrui, che ha dato prova di essere vincente non perché migliore della nostra ma solo perché c’è stata mentre la nostra mancava. Non si tratta di imporre la lingua italiana tra le altre deputate a parlare in materia di brevetti europei con effetto unitario: si tratta di impedire che una quota non risibile dell’attività delle imprese italiane sia sottoposta a un potere giurisdizionale sostanzialmente altrui, e di far sì che l’Italia non sia soltanto la materia passiva di un esperimento apparecchiato altrove e dagli altri. L’idea, sbagliatissima, è che la cultura europea, anche la cultura giurisdizionale, possa affermarsi attribuendo solo ad alcuni il potere di dirla, di scriverla, di insegnarla, di realizzarla. La si afferma, invece, se il potere di realizzarla è diffuso. Il sistema dei brevetti a giurisdizione unificata non va in questa direzione e piuttosto rafforza quell’idea sbagliata secondo cui si diventa europei sulla frantumazione di qualsiasi potere nazionale. Starne fuori, purtroppo, è ormai impossibile. Almeno, che l’Italia non ne sia completamente vittima. E prenda dunque il posto degli inglesi.