Mario Draghi (foto LaPresse)

Le persecuzioni non finiscono nell'Europa a propulsione rigorista

Alberto Brambilla
Il sodalizio anglo-tedesco che vuole irrigidire il credito dà all’Italia (e non solo) una sensazione di claustrofobia. E’ sulle regole per le “Lehman d’Europa” che Berlino e Londra affermano l’offensiva del rigore.

Roma. Non c’è solo l’ennesimo assedio tedesco al presidente della Banca centrale europea Mario Draghi: o si calcola il rischio sovrano nei bilanci delle banche europee, o niente Unione bancaria. Adesso s’intravede un sodalizio anglo-tedesco che s’afferma sulla difesa condivisa del rispetto di nuovi parametri bancari. Al di là dell’austerity sui conti pubblici che sfuma, infatti, ora l’industria bancaria patisce le reiterate richieste da parte dei regolatori europei e globali di irrobustire il capitale a detrimento della redditività. Il malessere è diffuso. Ma nel settore bancario italiano, in piena ristrutturazione, ciò dà una sensazione di claustrofobia. L’ansia emerge dalle dichiarazioni del governatore della Banca d’Italia del 31 maggio: Ignazio Visco è giunto a invocare una deroga in via eccezionale al bail-in, la nuova regola in fatto di risoluzioni bancarie per cui a subire l’onere dei salvataggi saranno solo i privati investitori di un istituto e mai più i contribuenti dello stato. Visco ha ipotizzato di recuperare margini di intervento pubblico. I margini sono esili. Di rado le autorità europee sono state pietose. Nel salvataggio di quattro banche a dicembre, primo esperimento di bail-in su più intermediari, sono state le maggiori banche private a prestare miliardi per avviare le ristrutturazioni. Il fondo Atlante, creato in aprile, è stato l’unico compromesso concesso dall’Ue perché partecipa anche Cassa depositi e prestiti, banca pubblica. Atlante ha in primis ricapitalizzato Banca Popolare di Vicenza sgravando Unicredit dall’onere di farlo. Altrimenti avremmo rischiato il collasso dell’intera industria bancaria. Ora è Unicredit, l’unica banca italiana sistemica, a essere perseguitata da nuovi parametri che preoccupano anche Roma.

 

Germania e Regno Unito hanno formato una strana alleanza lunedì respingendo le richieste di Italia e Francia che, in un non-paper inviato un mese fa alla Commissione europea, chiedevano di non appesantire ulteriormente il settore bancario con fardelli regolamentari onerosi per gli istituti “too big to fail”, per evitare nuovi casi Lehman Brothers. L’oggetto specifico dalla diatriba sono i requisiti prudenziali in fatto di capacità di assorbire perdite (Total-loss absorbing capacity, Tlac), requisiti che le quindici banche europee di rilevanza sistemica globale devono rispettare entro il 2022, stando alle disposizioni del Financial Stability Board, l’organo di monitoraggio dei rischi finanziari internazionali presieduto da Mark Carney, governatore della Bank of England, succeduto a Mario Draghi che dal 2011 è alla Banca centrale europea. Il Tlac è un adeguato volume di passività delle banche che possono essere svalutate o convertite in azioni in caso di bail-in. Per come è congeniato il bail-in italiano, depositi e obbligazioni ordinarie non possono essere immediatamente aggredibili. Ciò per Unicredit vuol dire dover emettere obbligazioni subordinate di simile ammontare per rispettare i Tlac: 17 miliardi di euro, stima la società d’analisi indipendente CreditSights (senza contare gli oneri aggiuntivi dovuti ai rendimenti da garantire ai sottoscrittori). Anche la Francia ha interesse a difendere le sue banche “troppo grandi per fallire” – Bnp Paribas, Crédit Agricole, Société Générale, Groupe Bpce – dall’adeguarsi in fretta a modifiche regolamentari che possono stravolgere i piani di finanziamento.

 

Nycredit, banca danese concentrata sui mutui, ha appena avviato un roadshow per vendere obbligazioni senior che incorporano nel rendimento il rischio bail-in; un’indicazione di dove va l’industria. Berlino e Londra tuttavia possono permettersi una certa intransigenza verso Roma e Parigi. Le banche inglesi e tedesche rispettano il Mrel (Minimum requirement for own funds and eligible liabilities), i Tlac sotto altro acronimo. Ma nel Regno Unito sono le holding sovrastanti le banche che emettono titoli di debito e quindi funzionano da entità di risoluzione, mentre le banche operative sottostanti ne sono sollevate. In Germania invece è possibile introdurre nelle passività diversi altri strumenti finanziari negoziabili non garantiti a fare da cuscinetto evitando di aggredire i titoli ordinari, riducendo così il rischio di dovere emettere nuovi titoli di debito per stare in regola. Germania e Regno Unito hanno inaugurato un fronte comune – già negli mesi precedenti al voto sulla Brexit sono tornate a lavorare alla fusione tra London Stock Exchange Group e Deutsche Börse – agitando il fantasma di Lehman Brothers in Europa, ma scoraggiano una via d’uscita indolore.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.