Mario Draghi con Wolfgang Schäuble

Adesso gli istituti economici tedeschi scendono in campo a favore di Draghi

Daniel Mosseri
Draghi-Schäuble quattro a zero. Si può riassumere calcisiticamente la pubblicazione, da parte di quattro importanti istituti tedeschi per la ricerca economica, del primo rapporto congiunto di previsione del 2016.

Berlino. Draghi-Schäuble quattro a zero. Si può riassumere calcisiticamente la pubblicazione, da parte di quattro importanti istituti tedeschi per la ricerca economica, del primo rapporto congiunto di previsione del 2016. Condotta dall’Ifo di Monaco, dall’Rwi di Essen, dal Diw di Berlino e dall’Iwh di Halle, la ricerca osserva che in Germania “la ripresa resta moderata e la politica economica non è orientata alla crescita”. La locomotiva d’Europa, in altre parole, continua ad avanzare ma più come un regionale che come un treno ad alta velocità. Più in dettaglio, per il 2016 i quattro istituti stimano un aumento del pil dell’1,6 per cento; positivo, ma inferiore all’1,8 previsto lo scorso autunno. Il ritocco al ribasso, ha spiegato Timo Wollmershäuser dell’Ifo, “è interamente dovuto al raffreddamento dell’economia mondiale verso la fine del 2015”. L’economia tedesca, dipendente dalle esportazioni, risente comunque solo in parte del rallentamento su scala planetario: “La spesa per alloggiare i rifugiati sta dando uno stimolo. Così come fanno i bassi tassi di interesse”, si legge nel rapporto.

 

A riconoscerlo è la stessa Frankfurter Allgemeine, quotidiano di fede conservatrice: “Nonostante il super allentamento della politica monetaria da parte della Banca centrale europea, i principali istituti di ricerca economica in Germania non vedono alcuna tendenza al riscaldamento”. Da Weimar in giù, la bolla inflattiva è il terrore dei tedeschi. Eppure, osserva la testata, l’economia non corre troppo né nel settore immobiliare – fra i più sensibili al ritocco dei tassi di interesse – né in altri. “I ricercatori sono dunque giunti alla conclusione che la politica espansiva della Bce sia adeguata”. Apriti cielo. In termini di politica monetaria la Repubblica federale tedesca è fra i paesi meno innovatori del Continente mentre quella dei quattro istituti, rilanciata dalla Faz, è una vera apertura di credito nei confronti del presidente della Bce, Mario Draghi. Apertura tanto più significativa in paese un dove alle Finanze c’è dal 2009 Wolfgang Schäuble. Esponente principale dell’ala destra della Cdu, Schäuble è l’unico ministro che Angela Merkel ha lasciato al suo posto nel passaggio dal suo secondo governo, quando era alleata con i Liberali, al terzo e attuale esecutivo di große Koaliton con i socialdemocratici. Dalla Detlev-Rohwedder-Haus – sede del ministero e uno dei pochissimi esempi di architettura nazista risparmiato dalle bombe alleate – Schäuble ha sempre chiesto politiche di rigore per la Germania e per l’Eurozona. Votato invece alla salvezza della moneta comune anche con il ricorso a politiche di Quantitative easing, Draghi è diventato il suo avversario per eccellenza.

 

Quando lo scorso 10 marzo Draghi ha definitivamente affossato i tassi di interesse in Europa, Schäuble è uscito dai gangheri, accusandolo di essere responsabile “al 50 per cento” della recente vittoria elettorale dei populisti di Alternative für Deutschland in tre Länder. Fautori di un ritorno al marco e a tassi di interessi sostenuti che premino i correntisti tedeschi con i capelli grigi, anche gli uomini di AfD osteggiano Draghi. Per una volta, l’attacco del ministro a Draghi non è piaciuto neppure al governatore della Bundesbank Jens Weidmann, che dalle pagine del Financial Times ha difeso l’autonomia della Bce. Se ai quattro istituti sommiamo Faz e Bundesbank il risultato diventa Draghi-Schäuble 6-0.