Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (foto LaPresse)

Che cosa ha in mente Padoan per sistemare le banche

Alberto Brambilla
Il ministro dell’Economia incontra i banchieri, il governatore della Banca d’Italia e Giuseppe Guzzetti, capo delle fondazioni per stabilire un confronto sui problemi che rallentano la ristrutturazione dell’industria bancaria

Roma. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha incontrato i banchieri di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Mediobanca, i vertici della Cassa depositi e prestiti, il governatore della Banca d’Italia e Giuseppe Guzzetti, capo delle fondazioni, con l’intenzione di stabilire con loro un foro periodico di confronto sui problemi che rallentano la ristrutturazione dell’industria bancaria. Oltre alle fusioni, l’argomento della cessione dei crediti cattivi (200 miliardi di euro, pari al 12,5 per cento del pil) che ingolfano banche ed economia ha dominato i colloqui mattutini di ieri durati un’ora circa, dicono persone presenti. L’intenzione governativa è istituire una prassi con i banchieri, mentre la Banca centrale europea sta aumentando la pressione sugli istituti italiani che oppongono resistenze corporative alle operazioni di riassetto.

 

La primavera bancaria è iniziata a marzo con l’annuncio della fusione tra Bpm e Banco Popolare, la prima dopo l’attesa riforma delle banche popolari, ma prosegue nello scetticismo del mercato che subodora altri interventi coercitivi della Bce. L’indice di Borsa Ftse Italia Banche ieri ha accusato nuove perdite  (meno 4,1 per cento) in linea con l’omologo indice europeo Eurostoxx banks (meno 3,2).

 

La Bce esige la cessione rapida delle sofferenze che in Italia sono tre volte superiori rispetto alla media dell’Eurozona e sono in aumento. “C’è una forte pressione della vigilanza. Loro hanno dato regole comuni e vedono che l’Italia è un’anomalia, nel rapporto tra sofferenze e impieghi, rispetto alla media europea. Vogliono che ci adeguiamo”, ha detto una fonte bancaria a Reuters. Il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva detto che la questione dei crediti deteriorati richiederà parecchi anni per essere risolta, ma per Banco e Bpm la richiesta della Bce è di liberarsi del fardello in due anni.

 

“Le sofferenze – sostiene Mediobanca securities – ci sembrano una scusa comoda per imporre oggi un più alto capitale in vista di ciò che vediamo come il tema caldo di domani: la sovraesposizione delle banche italiane ai titoli di stato come uno dei principali ostacoli alla mutualizzazione europea”. Intanto avanzano nuovi dubbi sull’operazione di risoluzione di quattro banche regionali salvate a novembre con il meccanismo europeo del bail-in (Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio Ferrara e Cassa di risparmio Chieti). I nuovi istituti nati dal processo di risoluzione che ha comportato perdite per i soci e i creditori subordinati (130 mila azionisti e 10 mila obbligazionisti, in attesa dei risarcimenti promessi dal governo) hanno un 1 miliardo di euro di sofferenze in più rispetto alle attese accumulate nell’ultimo trimestre 2015. La mole complessiva ammonta a 9,5 miliardi, ha rivelato il Sole 24 Ore. La notizia complicherà la già difficile opera di Roberto Nicastro, ex Unicredit, che presiede i cda dei quattro istituti insieme al Fondo di risoluzione, nato su input della Banca d’Italia. Nicastro ambisce a vendere le banche risanate entro settembre, con tempistiche più lasche rispetto ai desiderata della Bce, anche per restituire i 3,6 miliardi prestati da Intesa, Unicredit e Ubi al Fondo per potere ricapitalizzare le nuove banche, per avviare la bad bank (dove confluiranno i crediti cattivi) e coprire le perdite pregresse.

 

Sarebbero interessati a rilevare crediti deteriorati i fondi di private equity anglosassoni Centerbridge, Anacap e Apollo Global Management (che di recente s’è offerto per liberare la genovese Carige dalle sofferenze, rilevando la maggioranza azionaria). La preoccupazione di una fuga di correntisti dalle nuove banche sembra ridimensionata, visto che prosegue l’erogazione di fidi e di mutui, ma non è scongiurata perché gli istituti sono legati a territori artigiani e industriali in crisi. Alcuni analisti sperano che non si arrivi a ripetere il precedente del portoghese Novo Banco, la “nuova” Banco Espirito Santo: dopo il salvataggio e le successive difficoltà a migliorare i bilanci per trovare un compratore, anche alcuni i creditori ordinari sono stati colpiti. Replicato in Italia significherebbe ingrossare le fila dei risparmiatori che, ritenendosi traditi, busseranno a Palazzo Chigi.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.