Matteo Renzi (foto LaPresse)

Spesa & produttività

Partecipate e contratti, ecco quel che Renzi può rottamare in 48 ore

Redazione
La spending review s’è persa per strada, ma su riforma Madia e sindacati uniti pro concertazione si offre una svolta

Roma. In una settimana, tra giovedì e venerdì, il governo renziano si gioca molto della propria credibilità riformista, bisognosa di rilancio quanto l’indice del pil: almeno sul terreno decisivo dell’economia e di ciò che socialmente la circonda, e quindi servizi, spesa pubblica, tasse, lavoro, produttività. Si parte tra 24 ore in Consiglio dei ministri dal taglio delle partecipate di regioni e comuni, i cui contenuti sono stati anticipati dal Foglio di ieri, per approdare al vertice in Confindustria tra sindacati e imprenditori sul nuovo contratto metalmeccanico, nel quale Matteo Renzi ha promesso di giocare un ruolo propulsivo in caso di frenate concertative. Intanto, un rewind: l’anno è iniziato all’insegna dell’equazione, cavalcata dai media poiché contenuta nel messaggio del 31 dicembre di Sergio Mattarella, “dimezziamo l’evasione fiscale e avremo 300 mila posti di lavoro, oltre a pagare tutti meno tasse”. L’evasione va certo ridotta, come il sommerso che la produce, ma l’equazione è un puro diversivo.

 

Tra 2014 e 2015 l’Agenzia delle entrate ha recuperato 28,4 miliardi. Nel 2013 ne aveva scovati 13,1; dodici l’anno precedente e 12,7 nel 2011. Totale 66,2 miliardi, ovvero più del dimezzamento auspicato – in un anno, ovvio – dal capo dello stato. Nello stesso periodo la disoccupazione è salita dall’8,4 all’11,5 per cento, con picchi del 13; e la pressione fiscale dal 42,5 per cento del pil al 44. Il rapporto causa-effetto non c’è, né mai è stata mantenuta la promessa di destinare a riduzione delle tasse il recupero dell’evasione. Che invece finisce a finanziare la spesa pubblica e una macchina burocratica inefficiente, queste sì veri freni alla ripresa. Quanto costino i ritardi dello stato nello sdebitarsi con i privati o gli indegni ritardi della giustizia civile è difficile quantificarlo. Intanto il dipartimento per le Politiche di sviluppo del Tesoro stima che la burocrazia incida per il 42 per cento sul blocco degli investimenti.

 

[**Video_box_2**]Questa è la realtà, al di là delle belle parole. In che modo Renzi può cambiare le cose? Ridurre le partecipate locali è un’ottima cosa, senza altri rinvii e anzi eliminando zavorre benecomuniste ancora presenti nei decreti (tipo quelle che consentono di lasciar le cose come stanno in mancanza di condizioni di mercato o in nome della coesione sociale). Quanto ai contratti, a fronte di un’accelerata in stile Marchionne degli imprenditori – finalmente! – il sindacato pare già soffrire di nostalgie per il contrattone nazionale. Oggi sarà presentata ufficialmente la proposta unitaria delle confederazioni per riformare le relazioni industriali, che al momento però sembra rafforzare ancora il ruolo del contratto nazionale (Ccnl). Renzi finora ha promesso di voler collegare aiuti e sgravi fiscali alle intese di produttività, compresi i recenti esperimenti di welfare aziendale: anche qui, è il momento di fare sul serio.