Il governo cambia verso sugli incassi comunali grazie ai permessi edilizi. Perché è una svolta

Marco Eramo
Sul famigerato teorema, secondo il quale esisterebbe un nesso causale, e perverso, tra la cancellazione della norma che stabiliva un vincolo di destinazione per le entrate derivanti dal rilascio dei permessi edilizi e il continuo aumento del cosiddetto “consumo di suolo”, il governo Renzi sembra aver cambiato verso.

Le disposizioni contenute nell’art. 2 comma 8 della legge 244 del 2007 – con le quali i comuni negli ultimi anni sono stati autorizzati ad utilizzare i cosiddetti oneri concessori per coprire le spese correnti (il 50 per cento in maniera indistinta ed il 25 per cento per la manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale) - non sono state prorogate, come accadeva periodicamente con i decreti mille proroghe di volta in volta varati dai Governi in carica.

 

E nel corso dell’esame parlamentare della legge di stabilità non è stata accolta una proposta emendativa con la quale si sarebbe voluto reiterare, anche per il 2016, quanto previsto dal citato art. 2 comma 8 della legge 244 del 2007. Quest’ultima disposizione, la cui abrogazione è prevista all’interno delle proposte e dei disegni di legge in materia di “consumo di suolo” - è stata dunque, di fatto, archiviata, e sostituita con una norma che consente di utilizzare tutte le entrate derivanti dal rilascio delle autorizzazioni edilizie per spese di manutenzione ordinaria del  verde,  delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di  progettazione delle opere pubbliche, e dunque per coprire spese, comunque correnti, ma legate alla cura dell’esistente alla quale, soprattutto per i sostenitori delle posizioni più intransigenti  in materia di “consumo di-suolo”, è indispensabile dare priorità anche e soprattutto rispetto alla  (rectius a discapito della) realizzazione del nuovo.

 


Da parte di quest’ultimi, si potrebbe arrivare a sostenere, paradossalmente, che un’applicazione rigorosa della previsione normativa sopracitata possa consentire, ai Comuni, di attuare l’impostazione sopra evocata – cura dell’esistente piuttosto che nuove opere - in modo più appropriato e coerente di quanto non sarà possibile fare, una volta approvata la disposizione, in materia di utilizzazione dei cosiddetti oneri concessori, contenuta nel disegno di legge in materia di consumo di suolo licenziato dalle Commissioni riunite Agricoltura ed Ambiente.

 

In base all’art. 10 di quest’ultimo testo, infatti, si stabilisce che le entrate derivanti dal rilascio dei permessi edilizi debbano essere destinate tra le altre cose - come è ragionevole che sia - alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria come pure ad interventi di riuso e di rigenerazione che dunque non escludono, anzi presuppongono, la realizzazione di nuove opere e dunque anche l’utilizzo di suolo precedentemente non edificato.


Eppure questo passaggio parlamentare ed il suo valore simbolico sono passati sotto traccia, fatta salva qualche puntuale analisi ospitata dal giornale di Confindustria con la quale è stata evidenziata la dubbia compatibilità della norma recentemente approvata con le disposizioni che regolano, oggi, la contabilità degli enti locali, ed in particolare con la nuova versione dell’art. 162 comma 6 del testo unico delle legge sull’ordinamento degli enti locali, in base al quale per utilizzare gli oneri di urbanizzazione (entrate in conto capitale) per la copertura di spese correnti non sembrerebbe bastare più, come in passato, una “eccezione di legge” quale quella contenuta nella legge di stabilità.

 

Il silenzio delle forze politiche di opposizione rientra nelle fisiologiche dinamiche parlamentari. Viene da farsi qualche domanda sull’atteggiamento delle componenti e degli esponenti della maggioranza particolarmente esposti sulla materia “consumo di suolo”. L’atteggiamento prudente rispetto all’approvazione di questa norma - e soprattutto rispetto all’archiviazione dell’art. 2 comma 8 della legge 244/2007 della quale hanno chiesto, a gran voce la cancellazione - è legato alla condivisione delle analisi critiche soprarichiamate in merito all’applicabilità della norma? Oppure il “silenzio” è alimentato dai legittimi dubbi che si possono, anzi si devono, avere rispetto ad una norma che, in ogni caso, consente di utilizzare entrate aleatorie e non prevedibili – ed in calo negli ultimi anni, viste le tendenze in corso e le disposizioni approvate per incentivare e rendere più convenienti gli interventi edilizi sull’esistente - per coprire spese correnti?


[**Video_box_2**]E se invece la spiegazione non fosse più semplicemente questa: si sono convinti, anche loro, che il teorema e l’equivalenza sbandierati in questi anni – in base ai quali l’utilizzabilità delle entrate derivanti dal rilascio dei permessi edilizi per le spese correnti ne alimentava “proporzionalmente” il rilascio e conseguentemente favoriva il cosiddetto “consumo di suolo” - non trovassero un adeguato e necessario riscontro nei fatti, visto il progressivo calo delle autorizzazioni edilizie rilasciate e del tasso di realizzazione di nuovi edifici e dunque di utilizzazione di nuovo suolo che, numeri e statistiche ISTAT alla mano, si è registrato da quando, con l’entrata in vigore del D.P.R. 380 del 2001 (30 giugno 2003) è stato cancellato il vincolo di destinazione per i cosiddetti oneri concessori.

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