Susanna Camusso (foto LaPresse)

Scricchiolii concertati

Redazione
Su contratti e regole del lavoro gli industriali battono i sindacati

Ripristinare per tutti l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cancellato dal Jobs Act per i nuovi assunti. Nei licenziamenti disciplinari “ingiusti” estendere il reintegro automatico delle aziende con meno di 15 dipendenti, un diritto che non esisteva neppure con la legge del 1990. Solo nelle imprese sotto i 5 addetti lasciare al giudice la facoltà di decidere l’entità della sanzione. Validità “erga omnes” del contratto nazionale. Sono alcuni punti della “Carta dei diritti universali del lavoro” lanciata dalla Cgil, che dal 18 gennaio con volantini e assemblee vuole mobilitare dipendenti e cittadini per arrivare a una proposta di legge di iniziativa popolare. Non mancano altre restrizioni per le aziende, compreso l’obbligo di espletare “politiche attive” anche verso i lavoratori licenziati “per motivi legittimi e giustificati”. Il principio è “l’estensione del sistema sanzionatorio a tutti i datori di lavoro”, da lasciare il più possibile nelle mani dei giudici. La “Carta”, oltre a riportare agli anni 80 (a dir poco) le relazioni industriali, contraddice le già timide aperture sindacali sul contratto dei metalmeccanici, cioè deroghe minime alla contrattazione nazionale e sostituzione dell’inflazione programmata con l’indice del pil per determinare i minimi contrattuali.

 

Le due iniziative marciano comunque su binari diversi, con la “Carta” che appare non tattica ma strategica. Magari la Cgil si sopravvaluta, ripetendo l’errore del referendum sulla scala mobile del 1985. E sottovalutando gli umori montanti nella Confindustria, dove a maggio il nuovo vertice sarà scelto per elezione diretta e non più per cooptazione, si occuperà meno di contratti e più di interessi d’impresa, e le intenzioni della Federmeccanica guidata da Stefano Dolcetta sono sempre più in linea con le pratiche di successo alla Marchionne. Poiché il sindacatone della Camusso è forse sordo alla modernità, ma non cieco per non vedere come gira il mondo, delle due l’una: o cerca uno scontro nelle fabbriche, perso in partenza, oppure vuole definitivamente fare politica, intanto mirando al governo Renzi e alla sua riforma più importante e poi proponendosi come fulcro di una sinistra-sinistra. Tra due pessime idee, diremmo che la seconda è la peggiore. 

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