Gli Emoticon di Apple e i colori del management secondo Maldonado

Elena Bonanni
Cupertino acquista una start-up che analizza le espressioni facciali per leggere le emozioni. E intanto un piccolo azionista ha una proposta per dare nuovo vigore alla "Mela": "aggiungere persone di colore" tra i dirigenti.

Dopo l’iPhone e l’Ipad, prepariamoci all’iEmoticon. Apple ha appena acquistato Emotient, una start-up che, grazie all’intelligenza artificiale, analizza le espressioni facciali per leggere le emozioni. In altri termini, si presenta come una tecnologia che, analizzando le espressioni del viso, interpreta gli stati d’animo di fronte a uno spot o quando si usa un prodotto.

 

Cosa ne voglia fare la “Mela” di Cupertino non è ancora chiaro. La stessa società si è limitata a dichiarare che “compra piccole società di tecnologia di tanto in tanto e che di solito non discute dei motivi e dei piani”. Solo pochi mesi fa, Apple aveva già comprato la start-up Perceptio, specializzata in sistemi di riconoscimento delle immagini, e Faceshift, società di motion-capture in tempo reale. Certo, Cupertino deve capire come gestire in modo profittevole e lungimirante gli oltre 200 miliardi di dollari di liquidità su cui siede, senza dare il destro a quegli azionisti che chiedono che il tesoretto venga restituito sotto forma di dividendi e di buyback. Un compito non semplice, affidato tra l’altro all’italiano Luca Maestri, direttore finanziario del gruppo, pagato generosamente: il suo pacchetto retributivo del 2015 è stato di 25,3 milioni di dollari, più del doppio del ceo Tim Cook (anche se in linea a quello degli altri top manager della cerchia ristretta dei collaboratori di Cook).

 

Allo stesso tempo, chi abitua il mercato ai record non può permettersi di sonnecchiare. Negli ultimi tempi il titolo Apple è sotto pressione: solo da inizio 2016 ha perso oltre 50 miliardi di capitalizzazione (meno 8,5 per cento circa, oggi quota circa 540 miliardi) finendo sotto i 100 dollari ad azione per la prima volta dall’ottobre 2014. Pesano i timori per l’esposizione di Apple al rallentamento  dell’economia cinese, ma anche la paura che le vendite del nuovo iPhone7 (atteso nel 2016, in rete è già partito il tam tam su come sarà il nuovo modello) non riescano a mantenersi sui livelli record dei precedenti. Non a caso, l’azionista di peso e gigante degli attivisti Carl Icahn, che ha ipotizzato per il titolo un valore attorno a 240 dollari, sostiene fortemente la diversificazione di Apple in due nuove categorie di prodotti, l’auto e la televisione. Per il piccolo azionista Antonio Avian Maldonado II, invece, Cupertino dovrebbe pensare a diversificare sul “colore” del top management. Non una boutade ma una vera e propria proposta (“aggiungere persone di colore al senior management” attraverso una “politica accelerata di assunzione”) che gli azionisti dovranno votare nella prossima assemblea generale del 26 febbraio. “Il board è un po’ troppo ‘vaniglia’”, ha detto a Bloomberg Maldonado, che possiede 645 azioni di Apple e nella vita fa il direttore creativo per la società di musica Insignia Entertainment. Se ne è accorto quando, guardando le foto dei direttori con il figlio teenager, si è sentito chiedere come mai fossero quasi tutti “bianchi”. Sugli otto direttori di Apple, solo due eccezioni: Andrea Jung, asioamericana, e James A. Bell, afroamericano.

 

[**Video_box_2**]La diversity è ultimamente un tema scottante nella Silicon Valley: molte start-up e compagnie high-tech sono finite nel mirino soprattutto quando si parla di minoranze e di manager donna. Ma la proposta di Maldonado è la prima che fa una specifica domanda di assunzione legata a gruppi razziali ed etnici. Il board di Apple ha chiaramente chiesto agli azionisti di votare contro, precisando che la politica portata avanti dalla compagnia è ben più ampia della richiesta di Maldonado. Per le statistiche sono nulle le chance di vittoria: dal 2000, afferma l’Institutional Shareholder Services di Washington, nessuna delle 57 risoluzioni sulla diversity presentate in società americane quotate è stata approvata. Per qualcuno, però, si tratta di una prospettiva con una logica razionale anche a livello di business: dal punto di vista finanziario ha un senso che società come Apple assomiglino al mercato di riferimento dei loro prodotti. C’è chi ricorda però che Apple si è mostrata al passo su altri fronti: il ceo Tim Cook ha fatto outing sulla propria omosessualità sostenendo apertamente cause come il matrimonio per le coppie gay.

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