Roma sfida chi ha paura del dibattito politico. E basta schematismi sulla concorrenza

Sandro Gozi
“Non dichiariamo guerra, ma sulla legge di Stabilità non siamo al discount”, dice Renzi.
Detto ciò, prendere di petto Bruxelles e Berlino ha senso? Un girotondo di opinioni

Una premessa: questo governo le cose le fa sempre per vincere, non meramente per provare. Quello in corso da parte nostra, più che un “attacco a Berlino” come si è detto dopo l’ultimo vertice dei capi di governo a Bruxelles, è il tentativo di aprire finalmente un dibattito politico che da anni mancava in Europa. Tale mancanza è stata una delle principali motivazioni non tanto dello scetticismo nei confronti di Bruxelles, che ha radici storiche, quanto dell’indifferenza e della delusione. Siamo preoccupati proprio dall’eurodelusione che si diffonde tra chi al progetto comunitario ha sempre creduto, più che dal solito euroscetticismo, e riteniamo che le cause di questo sentimento vadano cercate innanzitutto in questa Europa dei rinvii e dei tatticismi. In netta discontinuità con le strategie dei governi Letta e Monti che ci hanno preceduto, non vogliamo più solo discutere di Italia in Europa, ma di Europa in Europa. Nel 2016 ci muoveremo esplicitamente su questa direttrice.

 

Abbiamo le nostre priorità, ma innanzitutto esigiamo coerenza e rispetto da parte dei nostri partner. A inizio legislatura, e poi ancora di più durante la presidenza italiana del semestre europeo che ha portato all’approvazione del Piano Juncker di investimenti, abbiamo condizionato “un nuovo inizio” proprio a questo atteggiamento di coerenza e rispetto. Ci ha fatto piacere che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, abbia fatto proprio il motto del nostro semestre (“fresh start”) e parli ora di “new start”, un nuovo inizio da incardinare su crescita e investimenti. I primi passi di questa Commissione andavano correttamente in questa direzione. Poi negli ultimi mesi del 2015 abbiamo notato tentennamenti e passi indietro dallo stesso esecutivo europeo, addirittura tra i partner europei – specialmente nell’Eurogruppo che riunisce i ministri delle Finanze – una tendenza a rimettere in discussione la svolta su investimenti e flessibilità fiscale già stabilita. 

 

Una seconda priorità riguarda la politica della concorrenza. Quest’ultima deve tenere presente che il mondo è cambiato. Venticinque anni fa dovevamo costruire un mercato europeo e prospettare una collaborazione/competizione con il mercato degli Stati Uniti. Oggi il mercato con cui ci confrontiamo è globale, abbiamo una concorrenza fortissima dell’Asia dove sono molto più pronunciate le politiche statali e i sussidi pubblici a sostegno delle imprese locali. Quando parliamo di “aiuti di stato”, quando ragioniamo su dossier vitali come quello del futuro dell’Ilva, dobbiamo far sì che Bruxelles smetta un approccio troppo legalistico e astratto. Ne va del futuro dell’industria italiana e quindi europea.

 

Sandro Gozi è Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei