Il terrorista si finanzia online? C'è la task force del G20 per strozzarlo

Gabriele Moccia
Cosa c’entra il portale di money transfer CashU – uno dei più diffusi in medioriente – con la guerra che il jihad islamico ha dichiarato all’occidente?

Roma. Cosa c’entra il portale di money transfer CashU – uno dei più diffusi in medioriente – con la guerra che il jihad islamico ha dichiarato all’occidente? Citofonare alla Financial Action Task Force (Fatf), l’organizzazione internazionale – creata nel 1989 durante il summit del G7 di Parigi – con il compito di contrastare i flussi finanziari destinati ad alimentare il terrorismo cui il G20 in Turchia tenutosi all’indomani degli attentati plurimi di Parigi ha affidato il compito di stringere i controlli e potenziare le operazioni di contrasto alla circolazione dei finanziamenti ai gruppi terroristici.

 

Poco prima degli attentati in Francia, la Fatf ha pubblicato un interessante report “Emerging Terrorist Financing Risks” che illustra in dettaglio i principali schemi operativi legati alle operazioni di riciclaggio di denaro destinato allo Stato islamico o alle cellule terroristiche legate. Il crowdfounding attraverso social media o portali di pagamento o trasferimento di denaro online è diventato la nuova frontiera dell’economia di sostegno al jihad. Se i proventi della vendita del petrolio, del gas o dell’energia sono abbastanza facili da tracciare e da quantificare, altrettanto possono esserlo i proventi della droga o dei rapimenti, quello che è veramente difficile contrastare – segnalano dalla task force presieduta da Je-Yoon Shin già presidente della commissione Servizi finanziari della Corea del sud – sono proprio i tantissimi pagamenti a supporto di pseudo organizzazioni caritatevoli o altre istituzioni affini che avvengono nel variegato mondo dell’online banking.

 

Un’evoluzione “poderosa” si legge nelle analisi della Fatf perché riflette nuovi abitudini nelle transazioni, per la maggiore parte (una delle novità) a opera di giovani tra i 21 e i 35 anni. I casi sono tantissimi. Gli stessi investigatori finanziari non escludono che le cellule operanti in Francia sia negli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo sia nei più recenti attacchi di Parigi, si siano finanziate attraverso flussi generati dal crowdfounding, ossia raccolta fondi online. Un flusso che è ormai globale. Solo dall’Australia, come ha riportato l’unità di intelligence finanziaria del paese, l’Austrac, le attività di riciclaggio destinate al terrorismo sarebbero addirittura triplicate in un solo anno.

 

[**Video_box_2**]L’Austrac ha sottolineato un significativo cambio di passo nell’ultimo anno: le operazioni tracciate nel 2015 sono state 367 (erano 118 nel 2014) per un controvalore pari a 35 milioni di euro. Che il finanziamento del jihad sia il vero buco nero per le forze di sicurezza occidentali lo dimostrano casi particolarmente assurdi. Le indagini della Fatf, ad esempio, hanno scoperto casi in cui alcuni governi europei, come quello olandese, hanno continuato a pagare sussidi sociali a 85 foreign fighters per svariati mesi mentre gli stessi si trovavano in Sira a combattere. Che occorra una strategia di contrasto ad ampio spettro è chiaro a tutti. Se ne sono resi conto gli stessi leader mondiali – riuniti appunto al G20 di Antalya – che hanno concordato una rapida implementazione delle raccomandazioni che la Fatf stila periodicamente per contrastare le attività di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo: tra i paesi che devono fare passi in avanti ci sono anche Norvegia e Belgio, ventre molle dell’Europa del nord per gli islamici radicalizzati. Già da qualche settimana David Lewis, il funzionario del Tesoro britannico che è segretario esecutivo della Fatf, può contare sul supporto delle autorità israeliane, che sono state ammesse a pieno titolo alla task force pur non essendo Israele formalmente membro del consesso del G20.

 

Su questo versante, si è mosso – con colpevole ritardo dato il contesto – anche il Consiglio europeo che ha recentemente approvato alcune misure di maggiore trasparenza per lo “shadow banking” che daranno all’Autorità bancaria europea nuovi poteri. Anche gli ultimi dati provenienti dall’Unità d’informazione finanziaria per l’Italia – l’organismo attivo presso la Banca d’Italia d’intelligence finanziaria che collabora attivamente con la Fatf – segnalano come il nostro paese sia ancora un crocevia dei traffici terroristici. Nel primo semestre del 2015, l’Uif, diretta da un veterano di Bankitalia, Claudio Clemente, ha rilevato un incremento del numero di segnalazioni con riferimento sia agli intermediari finanziari sia ai professionisti e operatori non finanziari.

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