L'ex ministro delle Finanze della Grecia, Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Mamma, mi si sono ristretti i no-euro

Luciano Capone

Dalla Lega nord a Varoufakis, passando per il Movimento 5 stelle. Perché la "sovranità monetaria" come risposta a tutti i mali del tempo, oggi, sembra un po' afflosciarsi

Che fine hanno fatto i no-euro? Fino a pochi mesi fa, quando la crisi greca era giunta al climax, le discussioni sull’uscita unilaterale dalla moneta unica, sullo smantellamento concordato dell’unione monetaria o sull’Euro a due velocità erano all’ordine del giorno. La sovranità monetaria era la leva con cui le opposizioni avrebbero catapultato l’Italia fuori dalla crisi: “Se non abbiamo soldi per pagare spesa e debiti, stampiamoli” diceva la versione nazionalpopulista del “che mangino brioche!”, che pensava di risolvere i problemi dell’economia con l’assalto alle stamperie. Dopo che Tsipras ha condotto il suo popolo sull’orlo del burrone e l’ha fatto affacciare per vedere cosa c’è di sotto, il tema è sparito dalla discussione pubblica e i no-euro hanno silenziosamente suonato la ritirata, proprio come il premier greco.

 

Lega Nord

 

Per la Lega salviniana l’uscita dalla moneta unica è stata la battaglia che ha fatto rinascere un partito ormai sepolto dagli scandali. “L’Euro è un crimine contro l’umanità”, diceva il neosegretario della Lega. L’uscita dall’Euro ha rivoluzionato l’identità della Lega, trasformando un partito storicamente autonomista-secessionista nel partito più nazional-sovranista del paese, l’abbandono unilaterale della moneta unica era il pilastro del programma politico di Salvini e il discrimine per ogni tipo d’alleanza: “Ad oggi con Berlusconi non c'è un accordo sul piano politico nazionale, lui difende l'euro che noi riteniamo una moneta sbagliata, lui è insieme alla Merkel, noi alla Le Pen”. Nella lettera al Foglio in cui elencava i 10 pilastri su cui rifondare il centrodestra, Salvini indicava al primo punto il ritorno alla Lira: “Fuori dall’euro il prima possibile”. La linea è iniziata a cambiare quando le banche chiuse in Grecia hanno mostrato all’elettorato cosa significhi abbandonare l’euro e già a luglio Salvini ha aggiustato il tiro in un’intervista al Sole24Ore: “Un’uscita unilaterale dell’Italia dall’euro sarebbe un casino, ma questa Europa e questa moneta devono cambiare”.

 

Progressivamente la battaglia anti-euro si è afflosciata, lasciando il posto ai temi dell’immigrazione e delle pensioni con l’abolizione della legge Fornero, fino a quando con la manifestazione di domenica 8 novembre a Bologna la linea “no euro” è sparita dall’agenda salviniana. Quello che doveva essere il primo pilastro dell’alleanza di centrodestra, dal palco di Bologna non è stato citato neppure una volta. La manifestazione che nel racconto giornalistico è stata indicata come la “svolta estremista” di Silvio Berlusconi, ha rappresentato in realtà la “svolta moderata” di Matteo Salvini che ha abbandonato la retorica “no euro”. Alla difesa della sovranità monetaria è stata preferita la difesa della sovranità culinaria, con Bruxelles accusata non di voler imporre agli italiani l’euro al posto della lira, ma di volerli costringere a mangiare insetti al posto di “pane e salame”.

 

Movimento 5 Stelle

 

I grillini hanno avuto una posizione molto ambigua sull’adesione all’Euro. La proposta programmatica è sempre stata quella di un referendum, impraticabile a livello costituzionale ma anche assurda a livello economico, perché ha il piccolo difetto di spingere i cittadini a una corsa agli sportelli (bank run) per evitare le conseguenze della svalutazione sui propri risparmi e la cosa farebbe fallire le banche prima ancora degli exit poll. Anche sul senso del referendum i grillini non sono stati mai molto chiari: in alcuni casi hanno detto semplicemente senza esprimere preferenze che devono decidere gli italiani, in altri casi che è solo uno strumento di pressione per avviare trattative con Bruxelles per avere maggiore flessibilità, altre volte che bisogna uscire dall’Euro in maniera coordinata e altre unilateralmente. Lo stesso Grillo diverse volte ha detto che non ha intenzione di portare l’Italia fuori dall’euro, mentre in altre occasioni che “un riacquisto di sovranità monetaria essenziale per rilanciare l'economia: uscita dall'euro e ristrutturazione del debito, non c'è altra strada".

 

A ridosso della crisi greca la posizione ufficiale sembrava quella della campagna “Fuori dall’€uro - ora puoi scegliere se vivere o morire”. Nel vademecum i pentastellati scrivevano che uscire dall’euro “non è difficile né impossibile! Si può fare, con il referendum!”. La linea era quella del membro del direttorio Carlo Sibilia (quello anti-Bilderberg e anti-sbarco sulla Luna): “Noi vogliamo ripristinare la sovranità della nostra moneta, vogliamo finanziare il nostro debito pubblico con una moneta locale che abbia una forza adeguata per la nostra economia”. Poi la posizione del M5S è cambiata di nuovo, quando il leader in pectore Luigi Di Maio ha detto di non essere “per forza contro l’Euro, ma contro l’austerity. L’uscita dall’Euro sarebbe l’estrema ratio, ma non credo che ci arriveremo”. Euro no, euro forse, euro sì, la giravolta è completa.

 

Fassina e la Sinistra italiana

 

Stefano Fassina, dopo un passato da pompiere sul fiscal compact e sull’austerity visti come percorsi non benefici ma necessari, ha vissuto un periodo da incendiario. Progressivamente - dopo l’abbandono delle posizioni di responsabilità nel partito e nel governo - ha sposato una linea anti-euro. Fassina per esempio auspicava pubblicamente un’uscita della Grecia dall’euro e uno smantellamento dell’unione monetaria, indicata come causa fondamentale della crisi dei paesi periferici, Italia compresa. Sul blog del suo amico Yanis Varoufakis, l’ex viceministro dell’Economia era arrivato ad auspicare un fronte popolare anti-euro con la destra: “Per una dis-integrazione gestita della moneta unica dobbiamo costruire una grande alleanza di fronti di liberazione nazionale, a partire dalla periferia mediterranea dell’eurozona, composta da forze progressiste aperte alla collaborazione la destra democratica sovranista”. Poi anche il periodo incendiario si è spento e con la nascita della Sinistra Italiana (Sel più fuoriusciti dal Pd) Fassina ha sostituito al fronte di liberazione anti-euro con la destra salvinian-meloniana la possibilità di creare un fronte di liberazione anti-Renzi con i grillini (che se si nota è la stessa traiettoria percorsa percorsa a destra: la coalizione anti-euro con Berlusconi inizialmente immaginata da Salvini si è trasformata in un’alleanza anti-Renzi).
 

Yanis Varoufakis

 

[**Video_box_2**]Anche l’ex ministro delle Finanze greco, il simbolo della lotta contro la Troika, ha cambiato idea sull’uscita dall’euro. O meglio, dice di non aver mai pensato di voler uscire dalla moneta unica, bensì di volerci restare a tutti i costi. In un’intervista a OpenDemocracy Varoufakis spiega che il suo “piano B” per uscire dall’euro si chiamava in realtà “piano X”, ma che il vero piano era un altro che non precisa (chiamiamolo per comodità “piano Y”). Ecco come Varoufakis spiega i suoi perfetti piani stile Wile E. Coyote: “In realtà (il piano B) lo chiamavo piano X ed era composto da due parti. Uno riguardava come gestire la situazione se fossimo stati cacciati dall’euro. Perché c’erano queste minacce e anche se io non le ritenevo credibili e pensavo che non l’avrebbero mai fatto, anche se volevano farlo, ciononostante come ministro delle Finanze avevo l’obbligo di redigere dei piani d’emergenza nel caso fossero riusciti a farci uscire. E questo era principalmente il piano X.


Ma c’era un altro piano: non un piano d’emergenza bensì un insieme di reazioni che stavo preparando da parecchio tempo, da almeno un anno, per restare nell’euro dopo che ci avessero chiuso le banche. Era questo il piano che ritenevo cruciale, non il piano X”. Pare che il “piano Y” stia diventando il piano di tutti gli(ex) anti-euro.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali