La cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)

Dietro bonarie previsioni di crescita c'è guerriglia a Bruxelles

David Carretta
La crisi della zona euro e la grande austerità sono ormai alle spalle e “guardando al 2016 vediamo la crescita aumentare e la disoccupazione e i deficit scendere”, ha detto ieri il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici

Bruxelles. La crisi della zona euro e la grande austerità sono ormai alle spalle e “guardando al 2016 vediamo la crescita aumentare e la disoccupazione e i deficit scendere”, ha detto ieri il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, presentando le previsioni economiche d’autunno, che serviranno a valutare i progetti di bilancio degli stati membri. Secondo l esecutivo comunitario, il pil dell’area euro aumenterà del 1,6 per cento quest’anno e del 1,8 il prossimo, con rischi al ribasso in particolare per il rallentamento della Cina. Per l’Italia c’è una sostanziale conferma delle cifre della legge di Stabilità – 1,5 per cento di crescita e 2,3 per cento di deficit nel 2016 – anche se il giudizio della manovra arriverà solo il 16 novembre. Fonti europee dicono al Foglio che “la crescita italiana è basata sulla domanda interna derivante dal taglio delle tasse” e “il Jobs Act sembra funzionare”. Rimangono dubbi sull’aggiustamento strutturale dell’Italia, che potrebbero essere sciolti dalla “politica”. Ma dietro i numeri d’autunno, sta emergendo il grande malessere per un Patto di Stabilità che per ragioni politiche la Commissione non riesce a fare rispettare, mettendo a rischio i prossimi passi dell’integrazione dell’euro. I conflitti interni all’esecutivo di Jean-Claude Juncker hanno paralizzato il poliziotto del Patto.

 

Come ha raccontato Jean Quatremer di Liberation, le previsioni di ieri sono state precedute da un braccio di ferro tra Moscovici e il capo-gabinetto di Juncker, Martin Selmayr. Il commissario socialista francese avrebbe voluto fustigare tre governi conservatori: la Spagna del conservatore Mariano Rajoy, che ha lasciato andare i cordoni del deficit in vista delle elezioni di dicembre; il Portogallo di Pedro Passo Coelho, colpevole di non avere ancor presentato il bilancio 2016 a causa della crisi post-elettorale; la Germania di Angela Merkel, che ha un surplus delle partiti correnti (l’export) vicino al 10 per cento. Per contro, secondo Moscovici, la Francia doveva essere elogiata per un deficit nominale del 3,8 per cento nel 2015 contro il 4 previsto inizialmente. Selmayr, un cristiano-democratico tedesco, avrebbe cercato di impedire a Moscovici di tenere la conferenza stampa. Con la complicità di Juncker, è riuscito a impedire una reprimenda esplicita nei confronti della Spagna.

 

Il campo dei conservatori racconta un’altra storia. Moscovici è rimasto isolato per avere usato i guanti di velluto con i governi socialisti di Francia e Italia. In termini di deficit strutturale – l’indicatore più importante ai fini del Patto – Parigi non sta rispettando gli impegni richiesti quest’anno, con un aggiustamento di appena lo 0,1 per cento. Il saldo netto strutturale dell’Italia, anziché migliorare dello 0,1 come chiesto dall’Ecofin in luglio, nel 2016 peggiorerà dello 0,5 per cento di pil, dopo che il governo ha allargato le maglie della flessibilità. “La Commissione è politica, non politicante”, si è giustificato Moscovici. Ma secondo il suo diretto superiore, il vice-presidente per l’euro, Valdis Dombrovskis, “non c’è crescita sostenibile senza finanze pubbliche sostenibili: nei periodi economici favorevoli dobbiamo far scendere il debito e costruire nuovi cuscinetti per shock futuri”. 

 

[**Video_box_2**]Impegnato a gestire la crisi dei rifugiati, Juncker fatica a mediare tra falchi e colombe. Quel che è peggio, con la Commissione in stallo, nessun governo si fida più di nessuno. “Il vero pericolo è che un perdurare della sfiducia sul rispetto delle regole impedirà alla zona euro di realizzare l’Unione bancaria, fiscale e economica richiesta per sopravvivere a un’altra grave crisi”, ha scritto Tony Barber sul Financial Times. Il primo cantiere da cui la Germania si sta sfilando è quello della garanzia unica europea sui depositi che Mario Draghi chiede a gran voce. Secondo Barber, Berlino non “sacrificherà altra sovranità” se gli altri non rispettano le regole.