Una soluzione intermedia sta nelle segnalazioni anti-riciclaggio

Redazione
Aumentare la soglia d’uso di monete e banconote incentiva il sommerso o no? Girotondo di opinioni sul casus belli che sta destabilizzando l’Agenzia delle entrate

Vi è un’apparente contraddizione tra la diffusa consapevolezza che l’utilizzo del contante possa essere prodromico all’evasione, e l’altrettanto diffusa sensazione di inutilità dei limiti di legge alle transazioni in contante. I contesti in cui pagamenti in contanti risultano funzionali all’occultamento delle basi imponibili sono molteplici: dai pagamenti “in nero” ad artigiani e commercianti all’incasso sempre “in nero” di parcelle professionali, fino ai compensi fuori busta ai dipendenti e alle transazioni tra imprese sufficientemente flessibili per scambiarsi pagamenti non tracciati. Eppure, è difficile dare torto a chi sostiene che le limitazioni all’utilizzo del denaro contante sono un’arma spuntata nella cosiddetta “lotta all’evasione”. Il punto è che il limite al contante funziona se almeno una delle controparti contrattuali, cioè chi paga e chi riceve il denaro, è “ingessato” (diciamo così) da una struttura aziendale che lo obbliga a essere compliant, a effettuare o ricevere i pagamenti oltre soglia avvalendosi di mezzi tracciati di pagamento. In tutti gli altri casi, invece, nulla impedisce a cliente e fornitore, non ostacolati da proprie rigidità organizzative, di accordarsi per una transazione non tracciata sopra soglia. Opera insomma anche qui il principio di effettività, con cui anche la legge – la cui onnipotenza è illusoria – deve fare i conti. L’unica vera limitazione che un divieto normativo può indurre riguarda i pagamenti nei confronti della grande distribuzione organizzata o di soggetti strutturati sul piano aziendale in modo da non potersi permettere violazioni della normativa; e questa limitazione può frapporre un ostacolo alla spendita dei proventi dell’evasione, che si troverebbero per certi aspetti “ghettizzati”, cioè utilizzabili soltanto all’interno di un circuito di pagamenti “in nero”.

 

I frutti dell’evasione potrebbero cioè essere spesi soltanto nei confronti di altri evasori. Ma per fare leva su questo elemento di dissuasione occorrerebbe abbassare drasticamente, e non alzare, il limite, rendendo difficile lo “smercio” del nero. Fino a quando questa strada risulterà politicamente non percorribile, anche perché osteggiata da considerazioni che hanno variamente a che fare con le libertà individuali (come il diritto, un po’ caricaturale, di tenere i soldi nel materasso), si potrebbe provare in via sperimentale a sostituire il limite al contante con un sistema di segnalazioni oltre soglia: anziché impedire la transazione in contanti, la stessa verrebbe subordinata all’acquisizione delle generalità del “portatore” dei contanti, parificando in tal modo l’acquisto a quelli tracciati dai canali bancari di pagamento.

 

 

Dario Stevanato è professore di Diritto tributario all’Università di Trieste

 

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