Yoram Gutgeld, deputato Pd e commissario alla revisione della spesa, alla trasmissione "2Next" (LaPresse)

Yoram vs. Gutgeld

Alberto Brambilla
Due anni fa Yoram Gutgeld, da stratega economico dell’allora candidato alla segreteria del Pd, Matteo Renzi, aveva salacemente criticato la prima manovra finanziaria di Enrico Letta: “Una legge di Stabilità talmente stabile, soffice ed equilibrata, che praticamente è come se non esistesse”.

Roma. Due anni fa Yoram Gutgeld, da stratega economico dell’allora candidato alla segreteria del Pd, Matteo Renzi, aveva salacemente criticato la prima manovra finanziaria di Enrico Letta: “Una legge di Stabilità talmente stabile, soffice ed equilibrata, che praticamente è come se non esistesse”. Un’opera di revisione della spesa “poco coraggiosa” fu il perno del giudizio, confidato al Foglio, sulla manovra lettiana: troppo timido il recupero di 3,5 miliardi da dismissioni immobiliari se la spesa pubblica è di 850 miliardi.

 

Una volta insediatosi il governo Renzi, Gutgeld, nato a Tel Aviv nel 1959, 24 anni da consulente McKinsey, oltre a essere il guru della “Matteonomics” – sua l’idea degli sgravi fiscali da 80 euro al mese ai lavoratori dipendenti; suggerì quota 100 euro – è poi diventato il terzo commissario alla revisione della spesa dal 2012. Aveva idee esplosive, un dossier articolato e l’ambizione di tagliare 10 miliardi di euro di spesa improduttiva appena possibile (nei suoi scritti ipotizza un dimagrimento strutturale della macchina pubblica di 20-30 miliardi come soglia ottimale per abbattere la pressione fiscale). Tuttavia la manovra renziana prevede finora tagli per la metà, 5 miliardi, il minimo per abolire la Tasi su prime case, l’Imu sui terreni agricoli e sugli imbullonati (dopodiché in una manovra dove il grosso va a bloccare le clausole di salvaguardia, altri sgravi non sono coperti da tagli). Dobbiamo desumere che nell’esecutivo stia prevalendo l’idea di rinviare i tagli più importanti almeno finché la congiuntura non darà segni più consistenti di ripresa? Probabile. Gutgeld, però, a differenza dei predecessori non è un tecnico puro, ma un tecnico-politico, eletto in Abruzzo nel Pd, gode del favore di Renzi e ha esperienza in materia. 

 

Gutgeld, da ex direttore di McKinsey in Israele, vanta di avere ridotto la spesa della Difesa di Tel Aviv, “la più efficiente al mondo”. “Credo di sapere come si fa”, ha detto. Tuttavia l’expertise della casa di consulenza americana non basta in Italia. Gutgeld è consapevole che la revisione della spesa non è materia da tecnici ma da politici. Secondo le sue intenzioni, spiegate a Repubblica già il 27 settembre 2013, il primo anno di “spending” doveva essere dedicato a “studiare, elaborare un piano, e condividerlo con le strutture”, ministeriali s’intende, visto che si sono arenati per le resistenze dei burocrati l’ex commissario Carlo Cottarelli e prima di lui Francesco Giavazzi, autore di un piano di  tagli agli incentivi alle imprese. “Ma non basta fare un piano – ha scritto Gutgeld nel suo saggio programmatico “Più uguali, più ricchi” (Rizzoli) – Per avere successo serve coinvolgere e motivare i dipendenti. Serve che i ministri competenti o addirittura il presidente del Consiglio visitino le strutture e spieghino il perché dei cambiamenti” per poi procedere con “norme autoapplicative” partendo da un testo di legge generale, poi approfondito dal Parlamento. Ciò per evitare leggi delega o carsici decreti attuativi.

 

[**Video_box_2**]Gutgeld, che è anche componente della commissione Finanze della Camera, sa dove e come incidere col bisturi. Dalla riorganizzazione dei tribunali amministrativi, delle prefetture, alla riduzione dei costi amministrativi della Difesa – sui quali si è scontrato anche Piero Giarda da ministro per i Rapporti con il Parlamento con parola sulla “spending” –  fino alla cura per l’elefantiasi sanitaria e relative inefficienze generate da logiche clientelari e correntizie (che Gutgeld disprezza: è per “la politica delle idee e del fare, quella dei posizionamenti e delle correnti non mi interessa”). Per Gutgeld non toccare la Sanità non era considerata una nota di merito, né apprezzava i tagli lineari. Il messaggio da trasmettere, secondo il commissario, era di un cambiamento di registro, cioè dire “elimineremo le spese improduttive, renderemo più competitivo il settore, butteremo fuori la politica dalle Asl e ci impegneremo per far sì che non accada più che le regioni continuino a non rispondere ai requisiti minimi di livelli assistenziali”. Tagli ma con “equità”. Questo era ciò che Gutgeld suggeriva a Letta e che probabilmente Gutgeld vorrebbe fare. Per raggiungere l’obiettivo, avvertiva da tempo Gutgeld, serve del tempo. Il tempo di una legislatura, almeno 2-3 anni, com’è stato per Israele, Svezia, Canada. Purché decida la politica, altrimenti la “spending” che Gutgeld ha sempre detto di voler rianimare rimarrà in coma.

 

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.