Il fascino dell'Emirato di Sharjah per le Pmi italiane

Elena Bonanni
Perché alcuni imprenditori italiani, riuniti in questi giorni a Milano, hanno scelto l'Emirato più "sobrio" per fare affari.

Milano. A Sharjah, raccontano gli imprenditori già volati lì per fare business, non ci sono le lussuose “supercar” e la vita mondana sfavillante di Dubai e Abu Dhabi. L’atmosfera è più sobria, legata alle tradizioni, ma anche più genuina. E’ però il terzo Emirato per grandezza, con una popolazione giovane, in media 25 anni, molto dinamica. E si candida a essere la nuova meta d’avanguardia per le Piccole e medie imprese italiane. Se ne sono insediate circa 200, dal settore alimentare, all’architettura e design, all’industria. L’imprenditore Pietro Paolo Rampino della Italian dairy products già tempo fa ha portato lì la produzione di mozzarelle e formaggio (“fresh mozzarella made in Uae”, dice lo slogan della sua azienda). "Prima abbiamo dovuto capire se il latte locale poteva essere usato, oggi siamo una dei maggiori produttori degli Emirati. Il mio consiglio è di pensare a Sharjah non come un mercato finale ma come a un hub. E' un posto meraviglioso e avrete tutto il supporto dal paese", ha detto l'imprenditore parlando ai suoi "colleghi" riuniti ieri per pranzo (senza vino) all'hotel Principe di Savoia per lo Sharjah Day.

 

L’invito agli imprenditori è arrivato direttamente dall’Autorità per gli Investimenti e lo Sviluppo di Sharjah, la Shurooq, che sta sponsorizzando in giro per il mondo i vantaggi e le bellezze dell’Emirato. Oltre all’Italia, nel mirino ci sono la Germania, l’Inghilterra, l’America di Washington e New York, la Cina e l’India. In questo caso non un fondo sovrano ma una Authority votata allo sviluppo interno del paese, presieduta dalla sceicca Bodour bint Sultan Al Qasimi, appartenente alla famiglia reale, una laurea in Arte a Cambridge e un master in Antropologia medica a Londra, impegnata nel mondo dell’editoria e dell’istruzione dei giovani, prima donna degli Emirati Arabi a co-presiedere il Forum dei potenti mondiali World economic forum nel 2015, “donna più influente del mondo arabo nel settore sviluppo investimenti 2013”, secondo la rivista Forbes Middle East.

 

A Sharjah, che ha un doppio affaccio sul mare, sul Golfo Arabo e sull’Oceano indiano, due terzi dei ricavi arrivano da settori non legati al petrolio. L’Italia è il suo 14esimo partner nel commercio estero con circa 6,5 miliardi di dollari. “Da qui compro macchinari italiani e aiuto le nostre aziende a capire l’area. Gli Emirati sono l’incontro tra est e ovest e questo è un aspetto che deve essere sottolineato a tutti i nostri imprenditori”, ha raccontato durante il convegno l’imprenditore Augusto Di Pietro, a capo del gruppo Siddco (petrolchimica, plastica e ingegneria) installato a Dubai, che nel 2008 ha avviato la controllata Siddco plastics industries nella zona franca di Hamriyah a Sharjah. Merito dei vantaggi che gli Emirati in generale offrono sul fronte fiscale ma anche di una politica di grande apertura e supporto da parte delle autorità di Sharjah: non si pagano tasse sul reddito, le imprese operano in un contesto di esenzioni fiscali per le attività di import-export e per tutti i livelli commerciali, nelle zone franche la proprietà e capitali stranieri sono totalmente liberi, i profitti si possono rimpatriare al 100 per cento.

 

Ciò però che forse fa la differenza agli occhi degli imprenditori è l'attenzione che riserva alle Pmi. “La cosa che più mi ha colpito è che quando ci siamo presentati sapevano già tutto di noi, mostrando una genuina attenzione all'arte e al buon vivere”, ha raccontato al Foglio, a margine dell'incontro, Cesare Parachini, chief corporate officer di Poltrona Frau, il gruppo di poltrone di lusso rilanciato da Luca Cordero di Montezemolo (che ha acquisito anche i marchi Cassina e Cappellini) e poi venduto nel 2014 agli americani di Haworth. "Noi abbiamo da diversi anni una società a Dubai (Pf Emirates, ndr) e proprio pochi giorni fa abbiamo siglato un accordo con Shurooq, che è diventato nostro sponsor", ha raccontato Parachini.

 

Poltrona Frau ha scelto di non insediarsi nelle zone franche, le aree apposite per promuovere il commercio internazionale, ma ha costituito anni fa una società locale a Dubai. E negli Emirati la legge prevede che le imprese estere abbiano uno sponsor locale al 51 per cento del capitale, pur lasciando il controllo in mano alla società straniera. "In passato – ha continuato Parachini – abbiamo avuto diversi sponsor ma c'è bisogno anche di trovare quello giusto. Se è troppo grande non ha interesse a far crescere una media impresa come possiamo essere noi. Shurooq crediamo sia il partner giusto per conoscenza e dimensione”. Così oggi grazie al supporto dell’Authority di Sharjah, Poltrona Frau guarda alle opportunità che potrebbero aprirsi nel settore di hotel e del turismo, una delle aree su cui l'Emirato scommette maggiormente insieme a trasporti e logistica, all’assistenza sanitaria (centri ospedalieri di eccellenza) e all’ambiente (edilizia verde ed energie rinnovabili).

 

E infatti Sharjah non si è presentata come un freddo paradiso fiscale per fare business, ma come una delle più antiche e storiche aree delle Emirati, con quattro siti Unesco, con una capitale (sempre Sharjah) inserita dal Financial Times nella top ten delle migliori città medio-piccole del mondo, come "l'hub culturale e accademico degli Emirati arabi" che non vuole "importare la cultura ma creare qui una fusione culturale", per usare le stesse parole del trentaseienne amministratore delegato dell’Authority, Sua eccellenza Marwan bin Jassim Al Sarkal, considerato uno dei personaggi chiave dello sviluppo del turismo di Sharjah e, tra gli altri incarichi, consigliere della squadra di calcio Sharjah Football club, avvistato non a caso domenica sera, raccontano al Foglio alcune persone a conoscenza dei suoi spostamenti, a San Siro ad assistere alla partita di calcio Inter-Juventus.