Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (foto LaPresse)

Meno tasse e tagli nella legge di stabilità. 27 o 30 miliardi? Deciderà l'Europa

Redazione
Cosa c'è da sapere della finanziaria renziana. In ballo c'è il riconoscimento o meno in sede europea di un margine di flessibilità pari allo 0,2 per cento del pil

Matteo Renzi ha twittato che la manovra da 27-30 miliardi approvata dal Consiglio dei ministri – la cifra esatta dipende dal riconoscimento o meno in sede europea di un margine di flessibilità pari allo 0,2 per cento del pil, circa 3 miliardi di euro – "si scrive legge di stabilità ma si pronuncia una legge di fiducia", perché la ripresa economica dell'Italia "va sostenuta" e perché "il nostro destino non è Bruxelles, a New York, a Pechino; è nelle nostre mani".

 

Ottimismo derivante dai dati che sono arrivati da occupazione, produzione aziendale e consumi e che il presidente del Consiglio vuole agevolare con una riduzione delle pressione fiscale e un taglio della spesa. Renzi ha annunciato che l'Ires, la tassa sui profitti delle imprese, verrà abbassata al 24 per cento già dal prossimo anno qualora arrivasse l'ok da Bruxelles per lo sforamento dello 0,2 per cento. Altrimenti si aspetterà il 2017. Sicuramente da gennaio verranno invece rispettati gli annunci degli scorsi mesi: dal taglio del fisco sugli immobili alla sforbiciata al canone Rai (da 113,50 euro a 100 nel 2016 e a 95 euro nel 2017), dal lavoro part-time per gli over 63 alle nuove risorse per il Fondo povertà passando per il superammortamento per le imprese, lo stop all'Imu e all'Irap, l'innalzamento della soglia per il contante a 3mila euro, sono solo alcuni degli interventi della manovra. Dal 2017 dovrebbe scattare il taglio dell'Ires al 24 per cento, ma potrebbe esserci un anticipo il prossimo anno se Bruxelles ci accordasse la clausola sui migranti.

 

[**Video_box_2**]La finanziaria azzera inoltre 16 miliardi di clausole di salvaguardia, rialzi di Iva e accise in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio, nonostante il forte ridimensionamento della spending review. "I risparmi arrivano in parte dai tagli dei singoli ministeri, intorno al 3 per cento, in parte è legata alla norma sugli acquisti cioè i costi standard, in parte deriva dagli interventi su singole voci legate ad acquisti su beni informatici e al mancato incremento di alcune voci, come il personale", ha spiegato il premier. "E' quello che ci aspettavamo senza tax expenditures, quindi 5 miliardi", dunque al netto dell'attesa sforbiciata alla giungla delle agevolazioni e deduzioni presenti in Italia.