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Tutto il Mondazzoli è paese

Alberto Brambilla
Dopo mesi di trattative (e polemiche) Mondadori compra i libri di Rcs e forma il colosso editoriale italiano. Paura e deliri tra i sinistrati. E’ il mercato, stupid!

Roma. Dopo mesi di complesse trattative, Mondadori, primo gruppo editoriale italiano, ha acquistato il comparto libri del suo principale rivale Rizzoli con un’operazione che rappresenta la più significativa concentrazione nel finora stagnante settore librario italiano. Mondadori ha annunciato l’acquisto di Rcs Libri, dei suoi marchi e dei suoi addentellati, per 127,5 milioni di euro – prezzo prossimo alla parte alta della forchetta inizialmente considerata (120-130 milioni) – e consolida così il suo primato editoriale conquistando una quota pari a circa un terzo del mercato nell’universo della narrativa e della saggistica e pari a circa un quarto nella profittevole editoria didattica, dicono a caldo alcuni osservatori del settore. E’ un livello di controllo del mercato che non ha precedenti né in America né in Europa e va ricondotto soprattutto alla caratteristica piccola dimensione del mercato italiano, tre volte più ristretto di quello francese dove può invece trovare spazio un numero di attori di media grandezza più cospicuo. L’accordo, si sa, è destinato a “fare clamore” come ha detto il presidente di Rcs Libri, Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera.

 

“Rizzoli e Mondadori sono come Coppi e Bartali”, dice Mieli, paragonando le aziende ex concorrenti ai famosi ciclisti eterni rivali che all’apice della carriera vennero usati, anche impropriamente, dai comunisti e dai democristiani a fini propagandistici. L’operazione “Mondazzoli” viene criticata con sdegno perfino dal ministro della Cultura, Dario Franceschini, del Partito democratico (autore Bompiani, casa editrice del gruppo Rizzoli passata anch’essa sotto l’ombrello di Mondadori), il quale ieri ha detto che “rappresenta un rischio per il mercato dei libri”. A febbraio Franceschini pareva ammiccare alla protesta ideologica inscenata da una cinquantina di scrittori di punta della Rizzoli, tendenza vetero-sinistra, contrari a quella che dipingevano come un’aggressione da parte della Mondadori di cui l’odiata famiglia Berlusconi è proprietaria attraverso la holding Fininvest.

 

Al netto di vacui discorsi partigiani, come suggerisce Giuliano Vigini, uno dei massimi esperti di editoria italiana, critico e scrittore, l’acquisto di Rizzoli Libri da parte di Mondadori è “la logica conclusione” di una trattativa durata nove mesi in cui il primo editore nazionale aveva interesse a comprare, mentre il secondo aveva interesse a vendere e a farlo in fretta per sistemare i conti del gruppo. Il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera è fortemente indebitato e almeno dal 2011 si è concentrato su una complessiva ristrutturazione complessiva del core business, con annesse alienazioni del patrimonio immobiliare, per tornare a una posizione finanziaria accettabile e soprattutto per allontanare l’eventualità del secondo aumento di capitale nel giro di poco più di due anni, indigesto per i soci. In termini di ricavi, la “nuova” Mondadori arriva non troppo distante da quelli registrati nel 2009-2010 solo considerando il commercio di narrativa e saggistica.

 

La Borsa ha accolto l’annuncio ufficiale, arrivato nella serata di domenica, con un rialzo del 2,3 per cento per Mondadori e del 5,3 per il titolo Rcs. L’operazione sarà sottoposta al parere dell’Antistrust prima del closing con attenzione all’esercizio di una posizione dominante sul mercato librario, letteratura e didattica, sia dal lato vendite sia distribuzione. La nuova Mondadori avrà una quota di mercato inferiore a quanto previsto a trattative preliminari (35-36 contro il 38,6 stimato in precedenza) perché non ha acquisito Adelphi, marchio di nicchia comprato per intero dal suo fondatore e socio Roberto Calasso da Rcs. Mondadori avrà in pancia i suoi marchi (Einaudi, Piemme e Sperling & Kupfer) più quelli di Rcs (Rizzoli, Bur, Bompiani, Marsilio), coprendo un ampio spettro dell’editoria letteraria. E in più avrà anche quella scolastica, settore stabile e più profittevole, di cui arriverà a coprire il 25 per cento del mercato.

 

I manager del nuovo colosso – alcuni dirigenti Rcs Libri sono ex Mondadori – dovranno gestire con equilibrio il portafoglio per quanto riguarda la programmazione delle uscite in libreria. “E’ un problema difficile – dice al Foglio Vignini – perché Mondadori ha già 3.000-3.500 novità all’anno e i vari editori acquisendi hanno anche loro molti best-seller nei cataloghi”. Vignini ritiene che l’operazione rappresenti un “terremoto” per l’editoria libraria nazionale. Mondadori acquista infatti una maggiore forza contrattuale – rispetto ai gruppi rivali più prossimi, Feltrinelli e Gems – di fronte ai rivenditori, perché potrà proporre sconti all’acquisto più alti condizionando la logica commerciale dei competitor che difficilmente riuscirebbero a proporre un’efficace strategia di contrasto diversa dall’offerta di sconti più competitivi. In un contesto generale in cui peraltro i librai sono il tallone d’Achille del settore – il 40 per cento delle vendite tuttora passa dalle librerie – e quindi il primo anello della catena da ricostruire in un settore che con le sue 4.534 case editrici (nominalmente chi ha pubblicato almeno un libro, comprese micro-aziende) ha visto negli anni una forte contrazione del mercato con una riduzione del bacino di lettori, delle copie vendute e, l’anno scorso per la prima volta, anche del numero di titoli pubblicati, secondo il rapporto 2014 sullo stato dell’editoria dell’Associazione italiana editori (Aie).

 

Il processo di concentrazione era inevitabile in un mercato in severa contrazione e si inserisce nella scia delle fusioni/acquisizioni viste all’estero già a cominciare dai primi anni Duemila. “In futuro nasceranno gruppi editoriali sempre più grandi. Non dobbiamo preoccuparci né opporci. La competizione europea e mondiale si gioca tra colossi dell’editoria, cui si affiancano magari casi editrici più piccole. E’ ridicolo descrivere questa operazione come una manovra autoritaria”, ha detto ieri Paolo Mieli ad Agorà su Rai 3. Ad esempio in Francia Hachette ha comprato Vivendi Universal nel 2002. Di recente, invece, nel Regno Unito è iniziata la vendita graduale di Penguin, settore letteratura, a Random House (Bertelsmann) da parte dell’inglese Pearson che ha deciso di concentrarsi sull’editoria scolastica.

 

[**Video_box_2**]Per quanto la concentrazione Mondadori-Rizzoli segua, in linea di massima, la via del consolidamento vista all’estero, l’operazione mantiene un tratto peculiare. Il principale editore acquista il secondo – e già è un fatto atipico – e i principali concorrenti vengono distaccati di netto. In Francia, Germania e Regno Unito, ovvero nei mercati europei principali, la dimensione del mercato editoriale è doppia o tripla rispetto all’Italia e gli editori maggiori sono anche colossi di rango internazionale. Questo lascia spazio agli editori domestici di media stazza per difendere il loro bacino, mentre le operazioni di fusione/acquisizione dei colossi nazionali assumono rilevanza globale; cosa che non si può dire per Mondadori-Rizzoli, almeno nel breve e medio termine, perché si tratta principalmente di pubblicazioni in lingua italiana. In un mercato dove il 60 per cento dei cittadini non legge nemmeno un libro cartaceo ogni anno, secondo l’Aie, contro il 30 per cento in Francia, ma il numero di utenti attivi di smartphone surclassa con il 158 per cento sul totale della popolazione Germania (133), Regno Unito (130), Stati Uniti (103), la nuova Mondadori potrà sviluppare le sinergie nell’editoria digitale unendo il suo know how con quello di Rcs. “Nel mondo dell’editoria e dei media, il trend va verso la trasformazione digitale. E’ importante se l’azienda che nasce dalla ‘fusione’ di due grandi attori è capace di contribuire a uno sviluppo ulteriore della filiera digitale”, dice Marcello Vena, ex manager di Rcs, ora fondatore e managing partener di All Brain, società di consulenza per editoria e media. “Gioca a loro favore questa sinergia – dice – perché per anni hanno fatto esperimenti in questo ambito, anche di dimensioni significative. Stiamo parlando dei primi due che hanno distribuito decine di migliaia di copie e-book”.

 

Ora arriva il momento in cui gli eterni rivali diventano sposi, che piaccia oppure no.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.