Il commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager (LaPresse)

Una via “tedesca” per ottenere la bad bank e rianimare il credito in Italia

Carlo Milani
Tra l'intransigenza della Commissione europea e le difficoltà a creare un vasto mercato dei crediti cartolarizzati, c'è l'esempio della "bad bank" alla tedesca che può arrivare in soccorso del governo italiano.

    Roma. Nonostante i molteplici incontri tra ministero dell’Economia e gli uffici della Commissione europea, e in particolare quelli della commissaria danese alla Concorrenza Margrethe Vestager, il progetto della bad bank, ovvero del veicolo finanziario incaricato di acquistare dalle banche i crediti non più esigibili, stenta ancora a partire. La Commissione sembra essere abbarbicata sulla posizione che vede nell’intervento pubblico per la pulizia dei bilanci bancari, effettuato dopo ben sette anni dallo scoppio della crisi, un aiuto di stato che pertanto richiederebbe prima la partecipazione alle perdite dei creditori bancari (azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre il limite dei 100 mila euro).

     

    Non sembrano funzionare gli sforzi del ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, per far comprendere che l’intervento avrebbe la funzione di rimettere in moto il mercato dei crediti cartolarizzati (pressoché scomparso dall’inizio della crisi) e non tanto quello di sostenere i bilanci delle banche. Il ritardo con cui i governi succedutisi negli ultimi anni hanno abbracciato questa iniziativa, e il non brillante giudizio ottenuto dagli istituti di credito domestici in occasione degli ultimi stress test, spingono probabilmente la Commissione a non credere pienamente in questa tesi.

     

    Un’ipotetica strada potrebbe essere quella di ricalcare l’intervento attuato dalla Germania quando, nel 2009, varò un veicolo finanziario destinato ad acquisire dalle banche tedesche private i cosiddetti titoli “spazzatura”, costituiti per lo più da crediti cartolarizzati. Per evitare che il contribuente tedesco sostenesse il costo di questa operazione il meccanismo che è stato ideato prevede che la società veicolo acquisisca i titoli spazzatura al prezzo iscritto in bilancio, a cui eventualmente applicare uno sconto del 10 per cento, emettendo in cambio obbligazioni garantite dallo stato. Queste obbligazioni sono però senza scadenza e vengono interamente rimborsate solo quando la società veicolo avrà recuperato per intero il valore dei titoli ricevuti in gestione, eventualmente reinvestendo le somme recuperate in altre attività finanziarie. Inoltre, le obbligazioni del veicolo, avendo la garanzia statale, possono essere utilizzate come collaterale presso la Banca centrale europea per ricevere liquidità all’occorrenza.

     

    [**Video_box_2**]In Italia un simile meccanismo potrebbe essere proficuamente adottato per il tramite della Cassa depositi e prestiti (Cdp). Supportata da società specializzate nel recupero di crediti, la Cdp potrebbe integrare le attività della bad bank con quelle del Fondo Italiano di Investimento, la cui finalità è favorire la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese e la loro aggregazione.  Immettendo capitali freschi nelle Pmi aventi buone prospettive di crescita, ma in difficoltà per aver subito l’effetto congiunto della peggiore recessione della storia italiana e della restrizione creditizia, queste potrebbero tornare in salute, con vantaggio per l’intera economia e per la stessa bad bank, che recupererebbe più velocemente il valore delle attività gestite.
    La banca che decida di partecipare a questo schema dovrebbe però pagare annualmente il costo della garanzia statale. In aggiunta, e ipotizzando che il recupero del valore di cessione delle sofferenze avvenga in un lasso di tempo molto lungo (anche 20 anni), gli istituti di credito dovrebbero accantonare riserve attingendo ai dividendi.

     

    L’ammontare da accantonare potrebbe essere stimato dalla Banca d’Italia valutando la differenza tra il valore di cessione e il valore di recupero atteso. Trascorsi 20 anni, se la società veicolo non avrà ancora recuperato il valore di acquisto, e le riserve costituite non saranno sufficienti, si utilizzeranno gli utili prodotti negli anni successivi per coprire interamente la differenza.
    Uno schema di questo tipo risolverebbe l’attuale impasse con la Commissione. Infatti, per i contribuenti non ci sarebbe alcun costo, anzi sarebbero più evidenti i vantaggi in termini di minori oneri economici e sociali derivanti dal poter riportare in bonis Pmi in momentanea difficoltà.

    Carlo Milano è economista del Centro Europa Ricerche