Così Coldiretti confonde l'italianità con il culto del “km zero”

Luciano Capone
Gli agricoltori hanno trasformato il presidio in una specie di dogana e insieme ai Nas hanno fermato per fare controlli i tir che trasportavano prodotti alimentari

Milano. Difesa dei confini dall’ingresso straniero indiscriminato, invasione straniera che toglie lavoro, prima gli italiani. Non sono slogan di Matteo Salvini e Beppe Grillo riferiti all’arrivo di immigrati a Lampedusa, ma le parole d’ordine della manifestazione di protesta della Coldiretti al Brennero contro l’ingresso di prodotti stranieri destinati all’industria alimentare. Gli agricoltori hanno trasformato il presidio in una specie di dogana e insieme ai Nas hanno fermato per fare controlli i tir che trasportavano prodotti alimentari: sono state trovate mozzarelle provenienti dalla Polonia e lattuga dall’Olanda, cavolfiori dalla Germania. Tutto in regola. Alla fine della giornata un solo respingimento, un carico di pancetta sequestrato perché senza etichetta indelebile.

 

Il problema secondo la Coldiretti è che circa un terzo della produzione dei prodotti agroalimentari italiani venduti con il marchio “made in Italy” contiene materie prime straniere. “Il flusso ininterrotto di prodotti agricoli che ogni giorno dall’estero attraversano le frontiere serve a riempiere barattoli, scatole e bottiglie da vendere sul mercato come made in Italy – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia”. Gli agricoltori hanno ricevuto l’appoggio del governo: “Il messaggio ‘Europa svegliati’ che voi della Coldiretti lanciate è un messaggio importante – ha dichiarato dal Brennero il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina – che vale tanto per una questione drammatica come quella dei migranti, quanto per la difesa di interi settori dell’economia reale”.

 

Ma anche dall’opposizione, con Matteo Salvini che dai microfoni di Radio Padania ha detto: “Fa bene la Coldiretti a difendere i confini della nostra tavola con la manifestazione al Brennero. C’è l’invasione dei prodotti di falso made in Italy e l’Europa è colpevole. Oltre alle nostre strade vogliono colonizzare anche il nostro frigorifero”.

 

[**Video_box_2**]Al netto della propaganda, la campagna della Coldiretti spalleggiata dalla politica tutta mostra tanti limiti, in primis quello logico di chi vuole l’autarchia o il “km zero” quando c’è da importare materie prime per l’industria e il km 10 mila quando c’è da esportare: protezionismo per noi, mercati aperti per gli altri. Ed è anche fuorviante dire che i prodotti che contengono materie prime straniere sono “falso Made in Italy”, perché in un paese povero di risorse come l’Italia il “made in” indica proprio la capacità, le conoscenze e l’esperienza nella trasformazione di materie prime che vengono dall’estero. E questo vale per l’agroalimentare come per tutti gli altri settori industriali. Ma c’è anche un altro punto: se, come dice Coldiretti, i prosciutti fatti in Italia con maiali stranieri sono “falso made in Italy”, che dire dei maiali allevati in Italia con mangimi stranieri? Anche quelli sono “falso made in Italy”? Quanto deve essere pura l’italianità? Il caso dei mangimi poi la dice lunga sull’ipocrisia di Coldiretti che da un lato insieme a tutti i partiti politici proibisce la coltivazione di ogm in Italia e dall’altra vende nei suoi consorzi mangimi ogm importati. C’è inoltre da considerare che la produzione di materie prime nazionali non è adeguata. Per il grano l’Italia ha una dipendenza storica dai mercati esteri a causa sia della produzione insufficiente sia della qualità disomogenea. Per fornire le aziende che producono ed esportano pasta Coldiretti propone una nuova “battaglia del grano”? In quel caso dovrebbero ricordare che il regime fascista non vinse quella battaglia col protezionismo ma con l’innovazione, grazie a un genetista, Nazareno Strampelli, che fece aumentare la produttività modificando geneticamente il grano italico attraverso l’incrocio con specie provenienti da tutto il mondo, dal Giappone al nord Africa. Se la sente la Coldiretti di riaprire il tema della ricerca o vogliamo continuare a fermare i tir in autostrada?

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali