Sentirsi soli, ma padroni dell'universo. Confessioni di un finanziere di Francoforte

Davide Morcelli
“Master of the universe” è il racconto, asciutto e senza filtri, di un ex “padrone dell'universo” che si confessa liberamente in un toccante monologo. L’attenzione del regista è al volto umano, ai pensieri e alle sensazioni di una persona che ha vissuto  soprattutto il prima,  ma anche il dopo della crisi.

“È come la sala di comando dell’Enterprise, mi rendo conto che può sembrare una follia ma... ci sono tutti gli ingredienti per sentirsi i padroni dell'universo.” Ricorda così il suo lavoro l’ex dirigente tedesco di banche d’investimento Rainer Voss, licenziato dopo la crisi del 2008 e vittima del sistema che egli stesso ha contribuito a costruire. Rimaniamo in Europa, ma da Bruxelles ci spostiamo a Francoforte dove la macchina da presa del regista Mark Bauder inquadra la figura di un uomo solo sullo sfondo di gelide architetture funzionali che si stagliano in un cielo cupo. “Master of the universe” è il racconto, asciutto e senza filtri, di un ex “padrone dell'universo” che si confessa liberamente in un toccante monologo. Nessuna domanda incalzante che lo spinga su posizioni difensive o evasive. L’attenzione del regista è al volto umano, ai pensieri e alle sensazioni di una persona che ha vissuto soprattutto il prima,  ma anche il dopo della crisi. Colpiscono la straordinaria lucidità e il pacato disincanto della narrazione che non risparmia alcuna autocritica, ma al contempo rifiuta ogni generalizzazione e semplificazione. Così, in un tedesco che risuona serioso, sottolinea che “La de-regolamentazione non è la causa, ma solo il presupposto della crisi”.

 

Voss è molto rigoroso nel descrivere il “suo universo”, e più che parlare di criminali, preferisce dire che molto spesso “Ci sono prodotti che da un lato hanno senso, ma se utilizzati male fanno disastri”. Illuminante in proposito la metafora della piramide rovesciata, che utilizza per descrivere le banche d'investimento, dentro cui le persone che possono fare i danni maggiori sono quelle più in basso. Molta pressione e tanto stress. “Questo lavoro non è per tutti, ma io lo trovo affascinante”. Un termine che userà più volte e che contiene tutta l'ambivalenza verso il mondo in cui ha vissuto per anni. Denuncia una realtà che spesso si muove, se non nell’illegalità, certamente in direzione dell'illegalità. Eppure ne risulta irresistibilmente attratto, affascinato. Dal racconto traspare in modo evidente la fascinazione per il fare parte di qualcosa di importante, di esclusivo. Succede ad esempio quando, ricordando un prestito milionario fatto dalla sua banca, commenta dichiarando: “Ti sembra che premendo un tasto tu abbia cambiato il corso della storia”. Consapevole dei limiti della capacità di comprensione e di controllo di un sistema che, diventava via via più complesso e irreversibilmente interconnesso. “Lo dico a mio rischio e pericolo, nessuno capisce la contabilità di Deutsche Bank, certo, c'è una società di audit  che la capisce, ma singole persone no. E' troppo complicata. Questa storia della trasparenza poi.. si chiede trasparenza dove non è possibile.”

 

Un progressivo e pericoloso scollamento dalla realtà che intacca anche la sfera privata. Parla poco della sua famiglia senza nascondere i sacrifici che, ammette candidamente, ha voluto fare per rimanere all'altezza delle sue ambizioni professionali. Nessuna morale. Nessun lieto fine. Voss, vista l'età, non è più riuscito a trovare un lavoro. La voce fuori campo con cui aveva fatto la sua comparsa lascia spazio all’immagine di un’auto di lusso che esce elegantemente di scena. Senza fare rumore. I silenzi si alternano ad una colonna sonora degna di nota. Composta appositamente dal viennese B. Fleischmann, artista della musica elettronica, la colonna ammanta il racconto di un’atmosfera delicata, intimista e misteriosa. Il titolo, "Mikro Kosmos", allude al ristretto perimetro degli spazi entro cui, poche persone, prendono, ogni secondo, decisioni che riguarderanno milioni di persone che non sospettano nemmeno la loro esistenza. I mercati, la politica, gli stati, sono entità astratte.  Occorre invece guardare alle persone che incarnano quelle entità per capire davvero la realtà. Non è semplice perché ciò che si ottiene è sempre una visione singolare, parziale, ma forse per questo a noi più vicina. Questo lungometraggio colpisce senza usare alcun espediente oltre la forza della narrazione. Uno squarcio sulla complessità dell'animo umano. Affascinante.

 

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