Dellavalle nel 2009 prova pure un’iniziativa dimostrativa: pianta e annaffia pomodori nella “sua” rotonda. Viene multato. La rotonda evidentemente è “privata” solo quando si tratta di pagarci l’Ici

Ayn Rand d'Italia - 1

Libero orto in libero stato

Luciano Capone
La Repubblica italiana fa una rotonda lì dove c’era la sua casa, ma dimentica esproprio e compenso. Dopo 13 anni nei tribunali, D’Artagnan allora ha dichiarato l’indipendenza.

L’eroina dei libertari
Ayn Rand, nata Alisa Rosenbaum, è una scrittrice e filosofa di origine ebraica nata in Russia e trasferitasi negli Stati Uniti dopo la Rivoluzione d’ottobre e l’instaurazione della dittatura sovietica, fondatrice della corrente filosofica dell’Oggettivismo. L’intera opera della Rand è una radicale difesa dell’individualismo, e quindi del capitalismo sul piano economico, dall’aggressione di qualsiasi forma di collettivismo, che ha avuto un’enorme influenza sul pensiero libertario americano.
L’eroe randiano, protagonista dei suoi romanzi (“La rivolta di Atlante”, “Noi vivi”, “La fonte meravigliosa”), è l’archetipo dell’individuo con qualità eccezionali che si scontra con i vincoli politici e morali della società per realizzare i suoi obiettivi ed essere fedele ai propri valori.
“Ricorda che la più piccola minoranza al mondo è l'individuo. Chiunque neghi i diritti dell’individuo, non può sostenere di essere un difensore delle minoranze”.


 

"Il presente atto concede al suo titolare pieno e libero accesso e permanenza ai territori del Principato, erroneamente ritenuti una rotonda e tangenziale dallo Stato italiano. Il presente atto assegna al titolare piena libertà di circolazione sulla Terra, come Cittadino del Mondo, libero dall’oppressione fiscale, morale ed esistenziale finora patita". Firmato Piergiuseppe I Dellavalle Rotonda. Oltre alla Città del Vaticano e alla Repubblica di San Marino, nella penisola italiana è nata da poco un’altra città-stato – anche se in realtà si tratta di una rotonda-stato, non riconosciuta però dalla Repubblica italiana – il Principato di Dellavalle. Si trova nel territorio di Vercelli e più precisamente all’interno di una rotonda della tangenziale che porta a Novara. Il signor Piergiuseppe Dellavalle, un artigiano vercellese ha da poco dichiarato l’indipendenza della sua rotonda dopo una guerra con la burocrazia che dura da quasi 15 anni, iniziata con l’occupazione da parte dell’Anas di casa  sua. Dellavalle non è uno svitato di quelli con lo scolapasta in testa che fa il cavaliere errante in guerra contro i mulini a vento, ma un tipo divertente e combattivo – il suo soprannome è D’Artagnan per via di acconciatura, baffi e pizzetto da moschettiere – che ha deciso di sfidare con le armi dell’ironia e della provocazione il golem burocratico. E non bisogna lasciarsi ingannare dallo spirito del protagonista che l’ha trasformata in una commedia dell’assurdo, perché per qualsiasi altra persona la storia sarebbe stata un dramma famigliare, giudiziario ed economico.

 

Tutto comincia circa 15 anni fa, quando iniziano i lavori per la nuova tangenziale verso Novara che deve passare sopra la sua proprietà: una casa di tre piani e un magazzino sede della sua attività imprenditoriale, quattro garage, due tettoie e un terreno di 2.500 metri quadrati. “I patti con l’Anas erano chiari – dice al Foglio Piergiuseppe Dellavalle – Voi mi pagate e io costruisco da un’altra parte”. Le parti si siedono attorno a un tavolo per un accordo sulla procedura di esproprio e raggiungono un’intesa per l’indennizzo: l’Anas paga la prima parte del risarcimento, si accendono le ruspe, gli immobili vengono demoliti e al loro posto viene costruita una rotonda della tangenziale. I problemi iniziano poco dopo perché secondo gli accordi a Dellavalle, dopo aver ricevuto circa 300 mila euro di risarcimento, spetterebbero altri 300 mila euro per i danni subiti per la chiusura temporanea dell’attività, la rinuncia a importanti appalti che aveva sottoscritto e per il trasferimento dell’azienda. “Abbiamo fatto degli accordi con delle cifre scritte, però dicono che non valgono se non sono controfirmate dalla direzione – dice Dellavalle – Così l’accordo dopo anni è stato stravolto, dicono che non avevano capito bene e i 300 mila euro diventavano 35 mila”. L’Anas sostiene invece che è stato Dellavalle a non rispettare i patti e a impedire il regolare svolgimento delle pratiche. Sta di fatto, e questo è il problema, che Dellavalle risulta ancora proprietario di casa, garage e tettoie che non ci sono più e che ora la rotonda e il pezzo di tangenziale sono intestate a lui: “Per completare l’esproprio dovevano fare il trasferimento di proprietà e comunicare tutto al catasto, ma non hanno fatto nulla – dice Dellavalle – Risulto ancora proprietario dei terreni e degli immobili che non ci sono più, per quattro anni, dal 2005 al 2008, sono stato costretto a pagare l’Ici sulla casa che mi hanno abbattuto e per questo non ho potuto avere neppure le agevolazioni come prima casa per la mia nuova casa”.

 

D’Artagnan è probabilmente l’unico cittadino al mondo proprietario di una rotonda e di una casa-fantasma che sorge al centro di una tangenziale, anch’essa di sua proprietà nel tratto in cui passa sui suoi terreni: “Le vedi le macchine che passano di qui? Adesso stanno attraversando il mio studio e passano sotto la stanza di mia figlia, per andare in soggiorno rischio di finire sotto a un camion”, dice ironicamente Dellavalle indicando muri e stanze che esistono solo sulla carta. Quando sono arrivate le prime cartelle dell’Ici, ha provato a spiegare al comune e al catasto che quella casa non c’era più, che era stata buttata giù: “Qui nel computer risulta”, “ma se venite a vedere lì ora c’è la tangenziale”, “eh, ma conta solo quello che ci dice il computer, se dice che c’è una casa lì c’è una casa”. E in effetti ancora oggi al catasto risultano esserci 5,5 vani, proprio in mezzo alla carreggiata, intestati a Piergiuseppe Dellavalle e moglie. “Ho pagato l’Ici per quattro anni, ormai quei soldi sono andati. Per fortuna sono riuscito ad avere una sospensione finché non si chiarisce la situazione”. Dellavalle resta così invischiato nelle sabbie mobili della burocrazia, con il Comune che gli chiede le tasse per una casa che non c’è e l’Anas e la provincia che si rimpallano le responsabilità su una strada che è di tutti e di nessuno: “La Pubblica amministrazione ha aperto in maniera illecita la viabilità su un’area privata senza fare l’esproprio per pubblica utilità – dice Dellavalle, che ormai dopo anni in giro tra studi legali e aule di tribunale si è fatto una certa cultura giuridica – Ora devono sanare la situazione riconoscendomi il danno, oppure devono rimettermi in piedi la casa. L’Anas dice che la questione la deve dirimere la provincia, ma la provincia risponde ‘Come posso fare un atto sanante su una proprietà che non è mia?’. E come fa l’Anas a passarmi la manutenzione di una proprietà che non è loro?”.

 

Vista l’impossibilità di venirne a capo e scartata l’eventualità di farsi ricostruire la casa e i garage in mezzo alla tangenziale per evidenti motivi di fattibilità, Dellavalle decide nel 2009 con un’azione dimostrativa di prendere in qualche modo possesso della sua casa virtuale e si mette a coltivare i pomodori. Ogni mattina lui o sua moglie si recano in tangenziale e vanno a innaffiare le piantine nello spicchio di terreno spartitraffico che immette le auto nella rotonda. La cosa non piace alla provincia che con un blitz fa rimuovere le piante e invia a casa Dellavalle il conto: 145 euro per un’ora di lavoro di una task force di quattro cantonieri, due capi giurisdizione, un funzionario di vigilanza e un funzionario responsabile dotati di due autocarri per sradicare una ventina di piante di pomodoro e caricare due sedie pieghevoli. Al conto vanno aggiunti anche 10 centesimi al giorno per la custodia dei pomodori. E così quel terreno, che è di proprietà di Dellavalle quando c’è da pagare l’Ici, diventa pubblico quando lui va a piantarci i pomodori. Ma le assurdità in questa storia non sono finite: “Quando mia moglie mi ha detto che erano spariti i pomodori, prima che arrivasse il verbale a casa, io sono andato dai carabinieri a fare una denuncia per furto contro ignoti. Quando gli ho detto che erano sparite anche due sedie e che erano legate con una catena a un palo, mi hanno detto che c’era pure l’aggravante: furto con scasso!”. Quella denuncia gli costa un processo penale. D’Artagnan riceve una controdenuncia e viene rinviato a giudizio per simulazione di reato per aver dichiarato di essere stato derubato su di un’area che invece la provincia sosteneva essere demaniale.

 

Dellavalle è costretto a prendersi un avvocato e a far partire una protesta nel suo pezzetto di terra montando un cartello col un motto cavouriano “Libero orto in libero stato”. Ogni mattina che ci sia il sole o la pioggia, la neve o la nebbia, si reca nel suo piccolo regno e aggiorna il cartellone che segna i giorni di dissenso, ora siamo oltre le 2.250 giornate, oltre sei anni. Il processo che tiene impegnato un tribunale per diversi mesi si conclude quando il giudice visiona la documentazione consegnata dall’artigiano vercellese che dimostra la sua titolarità su quel pezzo di strada: la visura catastale, i pagamenti dell’Ici pretesi per anni dal comune e una richiesta dell’Anas che ancora nel 2009 gli chiedeva la documentazione per completare l’esproprio. Il tribunale lo assolve perché il fatto non costituisce reato. Risolto un problema giudiziario se ne presenta un altro, viene denunciato per aver messo cartelli pericolosi per i ciclisti, ma supera anche quello: “E’ il classico caso italiano in cui un cittadino resta invischiato nella burocrazia – dice al Foglio – sono tredici anni che pago due avvocati, che io e mia moglie non facciamo una vacanza, ma pensa se fosse capitato a uno che non aveva un po’ di soldi per difendersi”.

 

La questione economica conta ma neppure tanto. La battaglia di D’Artagnan contro l’idra della Pubblica amministrazione è soprattutto di principio, e il moschettiere di Vercelli la combatte usando le armi del diritto: “Va bene che noi siamo sudditi e dobbiamo osservare le leggi che fanno loro, ma io non chiedo altro che rispettino le leggi che hanno scritto”.

 

E così Dellavalle dopo quello dei pomodori lancia il guanto di sfida per un altro duello che riguarda il taglio dell’erba. L’Anas dà alla provincia la concessione della manutenzione della tangenziale che comprende la pulizia della rotonda, “ma io non sono d’accordo che facciano la manutenzione a casa mia, che vengano a tagliare l’erba, quella rotonda è mia e a me piace selvaggia”. Quando la provincia manda una squadra di operai a pulire la rotonda dalle erbacce, Dellavalle si presenta con i carabinieri e minaccia denunce se mettono piede nella sua proprietà o toccano un filo d’erba. La questione si complica perché Dellavalle è proprietario solo di mezza rotonda, pertanto le parti sono obbligate a prendere le misure per stabilire il confine e attualmente la rotonda è per metà un prato inglese curato dalla provincia e per l’altra metà una specie di savana, come piace a D’Artagnan, forse perché gli ricorda l’Africa dove ha lavorato per tanti anni e dove gli hanno affibbiato il soprannome.

 

Ma i problemi non finiscono qui e riguardano anche tutti gli altri cittadini, gli automobilisti in particolare, perché vista l’incertezza totale sulla titolarità della strada, non si capisce chi sia responsabile in caso di incidente. “Io ogni sei mesi mando una lettera protocollata alla provincia, alla prefettura, al comune in cui ricordo che c’è un utilizzo illegale della mia proprietà e chiedo di chiudere la viabilità se non si mettono le cose a posto, quindi sono sollevato da ogni responsabilità”.

 

[**Video_box_2**]In teoria, visto che la proprietà è sua, Dellavalle potrebbe anche chiudere quel pezzo di strada, soprattutto ora che con l’istituzione del Principato della Rotonda ne ha rivendicato la piena sovranità. Già ha iniziato a fare in mezzo alla tangenziale, su quello spicchio di terra, le grigliate con gli amici: “Ci sono dei ragazzi che hanno una band e vogliono venire a suonare, ora organizziamo un concerto”. Ma i progetti non finiscono qui: “Visto che ho sempre ospiti voglio mettere un bagno, quindi per allacciarmi alla fogna dovrò tagliare la tangenziale. E poi ho un amico scultore che mi ha promesso che mi farà una bella statua di Nerone, la devo mettere qui”. Mentre illustra i suoi progetti, i passanti che ci sfrecciano al fianco suonano il clacson, agitano le mani dal finestrino, alcuni si fermano per chiedere la cittadinanza dellavallese. Un insensato caso di burocrazia all’italiana che potrebbe essere la trama di una commedia all’italiana.

 

Non è stato possibile fare domande a qualche responsabile di Anas, che ha preferito rispondere con un comunicato in cui si sostiene che è in corso una convenzione con la provincia di Vercelli finalizzata all’acquisizione della proprietà, ma che la responsabilità della situazione è del sig. Dellavalle che ha ripetutamente violato gli accordi intrapresi, impedendo di fatto l’esproprio.

 

Intanto sono tredici anni che un pezzo di tangenziale che  passa in mezzo a una casa-fantasma è di proprietà di un signore che per la disperazione l’ha trasformato in un Principato, con la relativa incertezza sulla responsabilità in caso di incidenti. Per Dellavalle la situazione è dovuta alle inadempienze dell’Anas, l’Anas dice che è colpa di Dellavalle. Ma se pure così fosse, la responsabilità dell’ente pubblico sarebbe più grave perché avrebbe tutte le ragioni per completare l’esproprio e non si spiegherebbero i 13 anni di ritardo. Nel frattempo si spera che Piergiuseppe I offra concerti e grigliate senza chiudere la rotonda e che permetta “pieno e libero accesso” al suo Principato anche ai cittadini dello Stato con cui è in guerra.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali