Così Legacoop vuole ricostruire la reputazione delle cooperative

Alberto Brambilla

Il presidente Lusetti anima la campagna per distinguere le coop controllate da quelle fuori controllo. Ecco come.

Roma. Legacoop (La Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue) sta preparando una campagna mediatica e politica d'autunno per distinguersi dalle cooperative che stanno conquistando le cronache quotidiane per via delle inchieste giudiziarie; il caso è quello dell'inchiesta della procura di Roma, cosiddetta Mafia Capitale, che ha coinvolto la coop 29 giugno di Salvatore Buzzi. Mauro Lusetti, presidente di Legacoop dal 2014, spiega al Foglio come intende riuscire a difendere l'onore del modello cooperativo con l'ambizione di cambiare anche il modus operandi delle principali associazioni.

 

Quando è cominciato il fenomeno di quelle che chiama delle "false cooperative"? “Il fenomeno ha avuto un suo sviluppo negli ultimi dieci anni, prima della crisi e durante la crisi, e ha avuto una diversa articolazione. In parte la forma cooperativa è servita a esternalizzare pezzi di attività delle imprese in crisi, è stata usata dagli enti locali per esternalizzare i servizi. Inizialmente la mutazione rispondeva a dei bisogni di evoluzione nelle modalità di gestione dell’impresa ma poi ha prodotto dei fenomeni degenerativi di cui gli organi di stampa rendono conto in questi mesi sulla base delle inchieste giudiziarie” .

 

Lusetti (ritratto nella foto in basso) vuole distinguere le cooperative associate a Legacoop, le chiama “originali”, da quelle che definisce delle “false cooperative” – ovvero dove c’è una forte personalizzazione dell’entità cooperativa, per dire la cooperativa di... Tizio, Caio o Buzzi, chiamato sui giornali "l'uomo delle cooperative" – dove "si sono persi di vista gli scopi mutualistici", nel senso di estromettere i soci dalla loro funzione di partecipanti a un progetto collettivo a fronte di una legittima condivisione di benefici e di una speculare assunzione di oneri. “Dietro a questi fenomeni – aggiunge Lusetti – i lavoratori aderiscono per avere un impiego ma risultano sfruttati con logiche simili a quelle del lavoro nero per produrre utili a beneficio di pochi”.

 

Come distingue praticamente una “falsa cooperativa” se la natura della società e il processo di costituzione – bastano nove persone e poche migliaia di euro per costituire una forma semplice – sono identici? “Sono più controllate quelle che aderiscono alle tre centrali Associazione Generale Cooperative Italiane, Confcooperative, Legacoop. Quelle false sfuggono ai controlli: prima che arrivi l’ispezione la chiudi e ne apri un’altra, passano gli anni interi e i reati si perpetuano”. Ma quante sono le "false cooperative"? “Dal punto di vista numerico sono la maggioranza quelle che non aderiscono alle tre centrali che si riconoscono nell’Alleanza delle cooperative. Sono circa 42-43 mila quelle che non aderiscono – cioè circa due terzi delle cooperative registrate presenti in Italia – e solo una minima parte di queste, il 10 per cento, riceve controlli periodici”. Ma la forma cooperativa consente di farlo, cosa proponete? “Abbiamo deciso di assumere un’iniziativa che definisco politica e ha un duplice scopo – primo raccolta di firme sotto una legge di iniziativa popolare per aumentare il contrasto alle false cooperative – la proposta prevede di elevare i livelli di controllo e inasprire le sanzioni fino a essere cancellato dall’albo della cooperative; vuol dire stroncare la possibilità di operare. Una proposta di legge, raccolte 45.000 firme sul quorum necessario da 50.000".

 

[**Video_box_2**]Cosa la fa essere fiducioso in un successo? "Le adesioni ricevute ci danno il senso della dimensione di un’iniziativa che sta crescendo". Tra i personaggi istituzionali hanno aderito all'iniziativa Maurizio Martina (ministro delle Politiche agricole), Debora Serracchiani (presidente Regione Friuli Venezia Giulia, Pd), Marcello Pittella (presidente Regione Basilicata, europarlamentare S&D), Catiuscia Marini (presidente regione Umbria), Giovanni Toti (presidente regione Liguria), Piero Fassino (sindaco di Torino), Alan Fabbri (capogruppo Lega Nord Emilia Romagna in consiglio regionale), Tasselli Gianni (responsabile movimento cooperativo Prc – Sinistra europea), Elena D’Ambrosio (capogruppo M5S Civitavecchia), Valeria Montanari (centro democratico Reggio Emilia), Susanna Camusso (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl), Carmelo Barbagallo (Uil).

 

Come mai agite solo ora? La fiducia nei confronti delle cooperative, secondo un sondaggio Swg del 2014, era al 63 per cento ma in calo del 12 rispetto a due anni prima [leggi qui]. "Agisci quando percepisci un pericolo, negli ultimi due anni c’è stato un crescendo. Prima ci limitavamo a fare delle denunce a livello locale, nei comitati provinciali, richiedevamo ispezioni. Ma nel momento in cui il fenomeno è esploso e in termini di percezione dell'opinione pubblica, abbiamo deciso di assumere un’iniziativa forte. D'altronde c'è un forte elemento mediatico per cui vogliamo distinguerci per non confonderci. Perché è evidente che vogliamo che nell’opinione pubblica prevalga l’idea che non tutte le cooperative hanno gli stessi principi e modelli di funzionamento".
 

Pensa basterà una raccolta firme per modificare la legislazione vigente peraltro con una proposta di legge, metodo non sempre fortunato? "Sono convinto che sia una battaglia che abbiamo iniziato con questa iniziativa e che dovremmo continuare per esempio nei confronti degli appalti contro le gare al massimo ribasso. Il tema per la lotta per un mercato pulito e trasparente è essenziale per quanto riguarda il buon funzionamento del mercato. Poi serve un’azione che attiene ai nostri comportamenti, ovvero lottare parallelamente per un mercato pulito. Per noi è solo la prima battaglia politica da portare a termine, poi come detto ci sarà la revisione della legislazione degli appalti e le gare al massimo ribasso che spesso sono il punto di attacco delle false cooperative".
 
[**Video_box_2**]Non pensa che anche le "cooperative originali" debbano dimostrare di riuscire a slegarsi dalla politica nazionale e locale? "Potrei citarle il presidente dell'Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, il quale ha parlato ad Avvenire dei finanziamenti alla politica. Abbiamo un’idea molto simile riteniamo che avere cancellato il finanziamento pubblico sia stato un errore riteniamo che a tutt’oggi la politica si finanzia con strumenti inadeguati per cui i bilanci non sono trasparenti, le fondazioni sono fuori controllo e fintanto che non c’è una legislazione sulle lobby, e finché non c’è una legislazione chiara, ci asteniamo dal fare alcun finanziamento alla politica di qualsiasi tipo".
 
Quindi sono banditi gli acquisti di pubblicazioni e prodotti di personaggi noti del sindacato e della politica? Anche per questo le coop sono state criticate molto. "Sì, se parla di vino e libri, pur essendo legittimo, sarà bandito".

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.