L'ipocrisia delle lugubri “spinte gentili” contro Bacco & Tabacco

Luciano Capone
Il governo ha annunciato entro la fine dell’anno un’ulteriore stretta regolatoria sulle sigarette. Il ministero della Salute allo scopo di ridurre il consumo di bionde ha preparato un decreto che recepisce una direttiva europea.

Milano. Il governo ha annunciato entro la fine dell’anno un’ulteriore stretta regolatoria sulle sigarette. Il ministero della Salute allo scopo di ridurre il consumo di bionde ha preparato un decreto che recepisce una direttiva europea (non obbligatoria) che elimina l’elenco di concentrazione di nicotina e catrame, vieta di fumare in auto, proibisce le sigarette aromatizzate (tipo quelle al mentolo) e le confezioni da dieci, limita la possibilità di fumare anche all’aperto in alcuni luoghi pubblici e soprattutto impone la pubblicazione di immagini scioccanti sul 65 per cento del pacchetto che spiegano visivamente le scritte sui rischi per la salute. Quindi i pacchetti di sigarette saranno coperti prevalentemente da immagini raccapriccianti di organi malati, tumori e persone in fin di vita. Il provvedimento del governo italiano si inserisce sulla linea tracciata dall’Australia che dal 2012 per prima ha introdotto il “plain packaging”, il pacchetto anonimo (o generico), ovvero l’obbligo di confezioni tutte uguali, di colore marroncino, senza loghi, con il marchio e il tipo di sigaretta scritti in piccolo in basso, e immagini di morte a tutto campo.

 

La legge australiana è approvata dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla quasi totalità delle associazioni impegnate nella lotta al cancro, anche se gli effetti della norma sono contrastanti: per il governo e le associazioni il “plain packaging” ha ridotto il consumo di sigarette, mentre per l’industria del tabacco il calo è del fatturato e dipende dall’aumento delle accise (in Australia un pacchetto costa sui 15 euro) e non indica una riduzione dei consumi che si sono spostati verso prodotti più economici o di contrabbando. Nonostante i risultati controversi, la legislazione australiana sul “pacchetto anonimo” ha ispirato tante altre nazioni occidentali, a partire dalla Gran Bretagna dove verrà introdotto l’anno prossimo, ma anche Nuova Zelanda, Norvegia e Irlanda. In Francia, dove il tasso di fumatori non scende nonostante l’elevato prezzo delle sigarette e le campagne educative, i pacchetti anonimi e scioccanti entreranno in commercio a partire da maggio 2016. Ma la legge ha scatenato la reazione dei tabaccai francesi che sono scesi in piazza a Parigi per protestare. Questo perché il tabacco è comunque un rilevante settore economico e lo sa bene il governo italiano (lo stesso che vuole introdurre il “plain packaging”) che pochi giorni fa ha stretto un accordo con la Philip Morris per una partnership che prevede un investimento di 80 milioni di euro l’anno (500 milioni fino al 2020) per l’acquisto di tabacco italiano coltivato in Campania, Umbria, Veneto e Toscana.

 

[**Video_box_2**] La rilevanza economica del tabacco lo stato italiano la conosce anche perché è un’importantissima voce del bilancio pubblico, che assicura circa 13-14 miliardi di gettito (a fronte dei 7-8 miliardi di spesa sanitaria per patologie attribuibili al fumo), tanto che ormai anche lo stato ha una dipendenza (fiscale) dal fumo. Il “plain packaging” segue invece un approccio diverso dalle accise, in teoria opposto ma di fatto complementare, che si ispira alla teoria delle “spinte gentili” (nudge) elaborata da Richard Thaler e Cass Sunstein: “Un approccio cioè che non costringe nessuno a fare alcunché e salvaguarda la libertà di scelta di ognuno, ma che ha il potenziale di rendere la gente più sana, più ricca, più felice”. La “spinta gentile” (che comunque arriva dopo le mazzate di tasse e accise) ha un’ispirazione anti proibizionista e liberale, ma non è esente dal rischio di imboccare una deriva iper regolatoria. Negli ultimi tempi si sta infatti assistendo a un effetto domino: in Irlanda è stata depositata una proposta di legge per applicare il “plain packaging” all’alcol, in Cile si propone l’obbligo di avvisi su cibi ricchi di sale, grassi e zuccheri, in Australia di estendere avvisi di morte e malattia sul junk food. Una serie di spinte che messe insieme non sono più tanto gentili né rispettose della libertà delle persone e che rischiano di ospedalizzare i supermercati, con gli scaffali pieni di prodotti con avvisi di morte imminente.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali