Janet Yellen (foto LaPresse)

L'App di Yellen

Redazione
Il calo di Apple è un incentivo per la Fed a stringere i rubinetti

Una società che annuncia un aumento di un terzo delle entrate e dei profitti rispetto ad un anno fa, gode senz’altro di buona salute. Ma la regola non vale per la Mela: dopo l’annuncio dei conti del trimestre, Apple è stata punita da Wall Street con un ribasso del 7 per cento, un calo di 66 miliardi del valore di Borsa: più dell’intera capitalizzazione di Eni. Non mancano le spiegazioni alla reazione del mercato nello stesso giorno di un altro tonfo eccellente, quello di Microsoft che ha conosciuto l’onta di un deficit di 3,2 miliardi di dollari a fronte di perdite superiori al previsto di Nokia. Entrambe godono comunque di ottima salute. Apple fa molti più utili dell’anno scorso e potrà compensare la relativa delusione dell’iWatch con la sfida della Apple Car. Del resto è ancora “condannata” a essere una società da cui miliardi di fan (i cinesi soprattutto) si aspettano la “prossima grande cosa”.

 

Ma la frenata del tech permette altre riflessioni. Dietro la straordinaria scalata di Apple ci sono soprattutto le manovre finanziarie sollecitate dagli azionisti attivisti, che hanno imposto alla società di distribuire buona parte della cassa sotto forma di buy back (riacquisto di azioni proprie) o di dividendi extra. E’ un atteggiamento comune a larga parte delle società americane che hanno attinto al denaro a basso costo per rispondere alle richieste della speculazione finanziaria piuttosto che per sostenere nuovi investimenti. C’è un’economia che non usa il denaro cheap per finanziare produttività e crescita ma per soddisfare le richieste dei gestori. Da qui la sensazione che Janet Yellen della Fed, facendo violenza alla sua natura di “colomba”, sia sempre più propensa a muovere all’insù la leva dei tassi.

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