il porto di Taranto (Lapresse)

Chi sono i colossi esteri interessati ai porti italiani

Gabriele Moccia
A che punto è il risiko portuale innescato dal piano pro-liberalizzazioni di Delrio

Roma. Porto, porto delle mie brame. Il governo ha varato il piano nazionale della portualità e della logistica, nel tentativo di disboscare la giungla dei potentati locali e avviare un serio processo di liberalizzazione. Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, interpellato a margine dell'assemblea di Assoporti, ha detto che il Piano dei porti e della logistica, varato a inizio luglio dal consiglio dei ministri, "è già stato assegnato alle Commissioni competenti" e i tempi di approvazione "dipendono dai lavori parlamentari". L'ok del Parlamento dovrebbe quindi arrivare "penso e spero entro i primi di settembre", ha detto il ministro, precisando che "poi ci sarà la riapprovazione in cdm". "Sono molto consapevole della scarsa consapevolezza dell'importanza del sistema mare", ha aggiunto Delrio, che ha sottolineato la necessità che "il sistema portuale venga visto nella sua interezza da tutto il paese e non solo dagli addetti ai lavori: serve un grande upgrading culturale, il paese deve capire che le sue opportunità di crescita sono accresciute dal sistema mare". Al centro del processo di modernizzazione del sitema portuale italiano, ha spiegato ancora il ministro, c'è "la governance dei porti che deve essere al servizio del sistema produttivo e per questo serve maggior coordinamento", ha detto Delrio. Nel sistema mare c'è "una delle risposte ai problemi del Mezzogiorno -  ha aggiunto - e dobbiamo continuare una forte cooperazione con gli altri paesi del Mediterraneo, lo sviluppo del mezzogiorno" passa anche da qui. Ma la portualità è anche legata alla vocazione turistica dell'Italia, ha evidenziato Delrio, secondo il quale "i nostri porti devono essere più accoglienti e le Autorità portuali devono stare in collegamento con le autorità cittadine".

 

Intanto, sempre più investitori internazionali sono pronti a mettere un piede sulle banchine del nostro paese. Perché l'Italia?

 

Come confermato di recente anche da Srm/Centro studi Intesa Sanpaolo il nostro sistema portuale mantiene una posizione di rilievo nell'ambito del Mediterraneo: l'Italia è il primo paese nell'area Ue per trasporto merci (204,4 milioni di tonnellate), il terzo per traffici gestiti (460 milioni di tonnellate). Allo stesso tempo, alcune situazioni di stallo rendono le società che gestiscono terminal e navi sottocapitalizzate, dunque a caccia di risorse. Ma lo shopping sui nostri porti ha anche una valenza strategica, soprattutto per gli investitori arabi e del Golfo. I lavori per il raddoppio del canale di Suez, che si dovranno concludere ad agosto, faranno schizzare i passaggi giornalieri di navi, dalle 49 di oggi alle 97 nel 2023. Un traffico praticamente senza sosta nelle due rotte. Un'occasione da non perdere, ma soprattutto, un mercato da presidiare, cioè da non lasciare nelle mani di Pechino, che già controlla il Pireo.

 

Le operazioni, quindi. A Taranto – il porto è strategico per il tentativo di rilancio dell'acciaieria Ilva – l'autorità portuale e Palazzo Chigi stanno cercando di trovare nuovi acquirenti per rilevare la Taranto container terminal. Della partita potrebbe essere la Qatar shipping company, ma anche Aramex, il gruppo di logistica di Dubai, che si sta già espandendo in Egitto, Turchia, India e Sud Africa. Il giovane ceo della "Fed Ex del Golfo", com'è soprannominata, Hussein Hachem, è intenzionato ha piazzare una bandierina in Europa e, acquisendo i container di Taranto, ha l'occasione per farlo.

 

Anche Gioia Tauro, che è diventata un hub del disarmo mondiale, dopo aver trattato la questione delle armi chimiche siriane, ha suscitato l'interesse del fondo americano Capital Management, che vorrebbe investire sulle attività retroportuali legate all'automotive. Ma non c'è solo il sud.

 

A Genova, si parla di un ingresso degli emiratini di Abu Dhabi Terminals (l'operatore dei tre scali navali della città del Golfo) per l'acquisto del terminal merci di Sampierdarena, ora proprietà della Ignazio Messina, una delle più antiche società armatrici d'Italia.  Già lo scorso marzo, la Messina aveva siglato un accordo con gli arabi che prevede lo scalo diretto al Khalifa Port Container Terminal da parte di uno dei servizi diretti operati dalla linea fra il mediterraneo e il Golfo arabico.

 

Ai grandi player globali della logistica fa gola anche il piano di dismissione delle centrali elettriche che ha da poco lanciato l'ad di Enel, Francesco Starace. Una di queste, la centrale di Porto Marghera è stata già venduta ad un operatore logistico portuale. Sul piatto, però, il gruppo italiano ha messo siti altrettanto appetitosi. Come la vecchia centrale a olio di Portoscuso, che potrebbe vedere un interessamento di un gruppo logistico francese, vista la sua posizione strategica nel mezzo del mediterraneo, tra Francia, Spagna e Italia.

 

[**Video_box_2**]A Piombino, Enel ha dismesso la centrale termoelettrica di Tor del sale ma, più che i piani di Lvmh per fare dell'area un centro commerciale (come sostenuto da alcuni media), potrebbero essere della partita i cinesi della Chinese Harbour Engineering Company, che già gestiscono la logistica della Cevital e che avrebbero manifestato all'autorità portuale la volontà di allargarsi. Insomma, se Delrio dice che la vocazione dell'Italia è essere il grande pontile del mediterraneo, non è peregrino chiedersi: i moli saranno in mano ai califfi, al dragone, oppure resteranno in mani italiane?

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