Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Andare alla prova costume come Rajoy

Redazione
L’estate di Alexis Tsipras, comunque andrà il referendum greco di domani sul futuro di Atene in Europa, non la consiglieremmo nemmeno al peggior nemico.

L’estate di Alexis Tsipras, comunque andrà il referendum greco di domani sul futuro di Atene in Europa, non la consiglieremmo nemmeno al peggior nemico. Dalle urne potrebbe uscire un avviso di sfratto per il premier greco da parte del popolo ellenico, oppure una pacca sulle spalle che obbligherebbe di nuovo il premier al tavolo brussellese delle trattative, o peggio ancora che lo costringerebbe a gestire un’uscita del paese dalla moneta unica con annesse lacrime e sangue. L’estate del premier italiano, Matteo Renzi, rischia d’essere meno avventurosa di quella di Tsipras, ma non per questo meno logorante. La spinta propulsiva delle riforme pare essersi sopita, complici pure le oggettive complicazioni internazionali (vedi al premier di cui sopra), e quelle domestiche (la magistratura interventista che sequestra tesoretti e capannoni in giro per il paese, i soliti maldipancia intra Pd). Comunque la si metta, sotto l’ombrellone gli italiani rischiano di passare l’estate a parlare più di quello che Renzi non ha fatto – immigrazione, scuola e soprattutto tasse – che di quanto l’esecutivo ha fatto. Se pure Lady Spread non dovesse tornare a bussare alla porta con insistenza, come assicura il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, dopo un’estate così Renzi non potrà stare troppo sereno.

 

Alla prova costume sarebbe meglio presentarsi con la spavalderia di un Mariano Rajoy. Il presidente del Consiglio spagnolo non è un extraterrestre luterano, è un latino come noi, eppure mai come oggi pare agli antipodi rispetto a Tsipras. Infatti l’economia che nel 2012 gli fu consegnata dal predecessore socialista – quel José Luis Rodríguez Zapatero sulla cui eredità bisognerebbe scrivere un libro nero dopo i peana che gli furono tributati al tempo – era in stato comatoso. Rajoy, che non sprizza per carisma, si è messo di buzzo buono a risanarla. Riuscendo perfino a placare l’approccio ragionieristico dei burocrati di Bruxelles, blanditi piuttosto a suon di riforme radicali (più che semplicemente strutturali). Il diritto del lavoro, il welfare, le tasse, e pure la ristrutturazione delle banche guidata dalla Banca centrale europea e con i soldi di tutti gli europei. Chiamatelo stupido. A fine anno ci saranno le elezioni e Rajoy annuncia che da luglio abbasserà ancora le tasse sul reddito, con 1,5 miliardi di euro in più che rimarranno nelle tasche dei cittadini iberici da qui a dicembre. Il tasso di disoccupazione è ancora superiore al 23 per cento, ma Rajoy prevede che quest’anno Madrid crescerà del 3,3 per cento (il doppio della media dell’Eurozona). Pure i sondaggi cominciano a premiarlo, perché Podemos sarà pure glamour, però al momento ricorda troppo da vicino le file ai bancomat di Atene. Ma bando ai polls inattendibili; il punto è che Rajoy in costume sta decisamente meglio di Tsipras. E un po’ meglio pure di Renzi.

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