Gli economisti greci tifano per il partito del "sì", controappello a Piketty&Co.

Redazione

Tredici economisti greci tra cui il Nobel Chris Pissarides chiedono che il governo firmi un accordo per evitare il default e il disastro totale. Occorrono riforme delle pensioni e della Pa, liberalizzazioni e privatizzazioni. In pratica ciò che dice la Troika.

Il governo della Grecia sta considerando un last-minute ouverture ai suoi creditori in cerca di condizioni di finanziamento più favorevoli, mentre il paese si avvicina alla scadenza del suo programma europeo di salvataggio nella notte di martedì e a un default sul rimborso del prestito al Fondo monetario internazionale. Lo riferisce l'edizione online del quotidiano greco Kathimerini.

 

La  chiusura delle banche, come pure la scadenza del programma di 'bailout' della Grecia, hanno spinto alcuni membri del governo a premere sul premier Alexis Tsipras affinché accetti l'offerta di Juncker. Stando alle fonti citate da "Kathimerini", nel caso accettasse la  proposta fatta, Tsipras dovrebbe inviare un'accettazione scritta, impegnandosi a fare campagna a favore della proposta in vista del referendum del prossimo 5 luglio, invertendo il suo endorsment precedente per il "no".

 

Ieri la Commissione europea ha rotto la sua tradizionale neutralità sulle questioni nazionali chiedendo ai greci di votare "sì" e accettare le condizioni dei creditori. Francia, Italia, Germania e oggi Spagna hanno fatto lo stesso, insieme alle istituzioni internazionali e – implicitamente – agli Stati Uniti e alla Cina in quanto considerano il referendum come un voto sulla permanenza della Grecia nell'Eurozona e di conseguenza sulla reversibilità dell'euro.

 

Oggi sul Financial Times Joseph Stiglitz, premio Nobel e professore alla Columbia University, Thomas Piketty, professore all'Ecole d'économie de Paris, Massimo D'Alema, presidente della Feps, Mary Kaldor, professore alla London School of Economics, Stephany Griffith-Jones, professore alla Columbia University, James Galbraith, professore all'University del Texas hanno sottoscritto un appello rivolto ai leader europei per "evitare di scrivere una brutta pagina della storia". Una requisitoria anti-austerity da posizioni keynesiane nel quale si invoca la ripresa delle trattative su basi differenti "tenendo, in primo luogo, in considerazione che le politiche restrittive di austerità  richieste alla Grecia sono state screditate dallo stesso dipartimento di ricerca del Fmi. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che i leader di Syriza si sono impegnati a intraprendere in Grecia riforme di ampia portata, se avranno lo spazio di manovra per farlo". "Occorre mettere la Grecia in grado di pagare 1,6 miliardi di euro al  Fmi e – si aggiungono delle manovre di riduzione del debito nel tempo – bisogna permettere uno swap del debito con titoli della Bce dovuti in luglio e agosto in cambio di bond dal  fondo di salvataggio, con scadenze più lunghe e tassi di interesse più bassi, che riflettano gli inferiori oneri finanziari dei creditori''.

 

Un appello diverso viene invece da economisti che ben conoscono la realtà greca, un invito ad accettare le condizioni dei creditori accordando una riduzione della spesa pubblica. I 13 economisti greci, tra cui il Nobel Chris Pissarides (cipriota), spingono affinché il governo firmi un accordo per evitare il default e il disastro totale: la base per trovare accordo e crescita sono la riforma delle pensioni e della Pubblica amministrazione, liberalizzazioni e privatizzazioni. In pratica ciò che dice la Troika, in cambio di una ristrutturazione del debito.

 

Scrivono nell'appello pubblicato da Cnbc: "La trattativa ha creato incertezza senza precedenti che ha portato l'economia greca a un punto morto. Senza un accordo, la Grecia sarà in default a luglio".

 

"Un Grexit e un passaggio a una nuova dracma sarebbero un completo disastro per la Grecia. Le banche crollerebbero e i depositanti dovrebbero ritirare i loro euro senza sapere se saranno in grado di ritirare in un secondo momento e con quale tasso di cambio. La nuova moneta debole farà importazioni molto costose, tagliando il potere d'acquisto dei greci della metà o di un terzo. Politici irresponsabili stamperebbero nuova moneta, alimentando l'inflazione ed eliminando eventuali guadagni di competitività internazionale derivanti dalla valuta più debole. La carenza di beni di prima necessità, anche come i farmaci e il carburante, diventerà la norma".

 

"Alcuni potrebbero obiettare che un fallimento dell'euro potrebbe evitare tutti questi problemi –  come sostiene ad esempio il premio Nobel Paul Krugman, capofila del pensiero neo keynesiano ed editorialista del New York Times – Questo è fuorviante. Il governo greco non sarebbe in grado di gestire un fallimento restando nell'euro. Sarebbe altresì necessario un sostegno da parte della Banca centrale europea, cosa improbabile nelle circostanze che hanno portato a un fallimento greco. In breve tempo, il fallimento greco restando nell'euro diventerebbe un Grexit. Così, entrambi i tipi di fallimento (dentro o fuori l'euro) porterebbero al disastro totale. E' anche molto dubbio che la Grecia possa effettivamente rimanere nella stessa Unione europea, a seguito di una Grexit".

 

Quali sarebbero gli elementi fondamentali di un buon accordo? "Oltre ai problemi fiscali del pareggio di bilancio e rendendo le pensioni proporzionate ai contributi, un buon accordo dovrebbe sottolineare riforme microeconomiche – dicono i tredici economisti di origine greca ma con cattedre nelle università inglesi, americane e tedesche – Questo dovrebbe semplificare notevolmente le procedure per la gestione di un'impresa in Grecia e ridurre le tasse sul business, al fine di attrarre investimenti e creare un settore produttivo orientato all'esportazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Si dovrebbe ridurre il settore statale inefficiente che pesa sul settore privato e dei contribuenti e i meccanismi di approvvigionamento dello stato devono diventare competitivi. Bisognerebbe procedere con la privatizzazione di treni, aeroporti, porti e del campo energetico e i 'settori chiusi' dell'economia (come farmacie e trasporti) dovrebbero essere aperti alla concorrenza. Il mercato del lavoro dovrebbe essere liberalizzato e lo stato dovrebbe reprimere l'economia sommersa che non paga le tasse".

 

[**Video_box_2**]E poi, dopo avere accettato queste obbligazioni, sarà possibile ragionare su "un accordo per ristrutturare il debito sovrano greco verso i paesi europei e il meccanismo di stabilità. Mantenendo costante il valore nominale, il modo migliore per ristrutturare il debito è di allungare le scadenze, conclusione non distante dall'appello opposto pubblicato dal Financial Times, ma che presuppone seri vincoli dimenticati. Se le scadenze vengono spostate a 75 anni e i tassi di interesse attualmente variabili vengono convertiti in quelli fissi e leggermente ridotti, il valore attuale netto del debito sarà ridotto del 50 per cento. Un periodo di grazia di 10 anni (durante il quale gli interessi non sono pagati, ma ricapitalizzati) con i soldi risparmiati investiti promuoverebbero la crescita".

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