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Che cosa deve fare il governo per non vanificare i buoni dati sulla fiducia di consumatori e imprese

Renzo Rosati
La vera svolta? Gli investimenti interni che ripartono (un po'). Continua a influire il boom Fiat Crysler, ma la pressione fiscale resta sempre troppo alta.

Una serie di notizie positive confermano che l'Italia sta uscendo dalla crisi, ma anche che è in questi mesi che si gioca a livello di governo la partita per non soffocare la ripresa. Secondo l'Istat la fiducia dei consumatori è aumentata a giugno a quota 109,5, rispetto a 106 di maggio. Anche la fiducia delle imprese sale da 101,8 a 104,3. In questo caso siamo al record dal 2008, una perfomance corroborata dal rialzo di tutti i vari sotto-indicatori: nell'ordine costruzioni, servizi di mercato, commercio al dettaglio, manifattura. Soprattutto migliorano anche le attese sul futuro. Quanto ai consumatori, è proprio la fiducia nei mesi a venire (in aumento di cinque punti) e nel clima economico generale (più 9,4) a prevalere sugli indici, pur in lieve rialzo, della situazione personale attuale. In altri termini, imprese e famiglie ci credono. Situazione confermata dalla Confindustria, che con il suo Centro studi migliora le stime sul Pil di quest'anno (più 0,8 rispetto allo 0,5 previsto a dicembre e allo 0,7 fissato dal governo), e del prossimo: più 1,4  rispetto all'1,1 fissato a dicembre. Aumentano finalmente i consumi, a più 0,6 nel 2015 e 1,2 l'anno prossimo.

 

Soprattutto ripartono sensibilmente gli investimenti: più 1,2 per cento e più 2,9. In particolare quelli in macchinari e mezzi di trasporto - più 3 e 3,8 - sui quali evidentemente influisce il boom della Fiat Chrysler; ma per l'anno prossimo è previsto anche il risveglio delle costruzioni, che comunque sconterà un pesante meno 33 per cento rispetto al 2007. Sono cifre che indicano una svolta, visto che nel 2014, nonostante alcune eccezioni (sempre le auto), gli investimenti interni non erano ripartiti. Un rapporto Prometeia-Intesa Sanpaolo, anzi, definiva quello passato "annus horribilis in quanto l'export a livelli record non è riuscito a frenare la deriva negativa". In pratica nel 2014 le aziende hanno smaltito le scorte e prodotto per le esportazioni, ma non ancora investito per i consumi interni. Cosa che invece starebbe accadendo adesso.

 

[**Video_box_2**]Tutto ciò autorizza la Confindustria a prevedere anche il calo della disoccupazione, che nel 2016 dovrebbe scendere al 12 per cento. Resta però alta le pressione fiscale: nel 2016 è prevista una discesa al 42,7 del Pil, meno di un punto sotto il record del 2014. Ancora molto alta rispetto alla media europea.