Governo che taglia, vince

Idee (non solo renziane) per sopravvivere alla prova costume delle tasse

Renzo Rosati
I risparmi della Pa per tagliare l’Irap, la giungla delle detrazioni, le pensioni d’invalidità, i patrimoni dei comuni.

Roma. “Il vero fondo salvastati dell’Italia è stato fare le riforme”: difficile dissentire da quanto detto in Senato da Matteo Renzi. Difficile anche non vedere che su una riforma ancora da fare il premier si gioca la rielezione, e l’Italia l’uscita dalla crisi. Parliamo di tasse. Che fine ha fatto il premier che definiva “insopportabile” la nostra pressione fiscale, e sfidando il dogma concertativo dava gli 80 euro ai dipendenti e tagliava parte dell’Irap sulle aziende? La tenaglia non si è allentata, anzi. Secondo l’Istat la pressione ha raggiunto nel 2014 il 43,5 per cento del pil, un decimale più dell’èra del cacciavite lettiano. Accelerando al 50,3 nel quarto trimestre. La Banca mondiale stima che le imprese restituiscano allo stato il 68 per cento del guadagno. Ovvero, quel che il governo cerca di tagliare, se lo riprende con gli interessi il moloch pubblico nelle sue varie incarnazioni. In prima fila comuni e regioni: Roma e Milano hanno addizionali Irpef dello 0,9 e 0,8 per cento, la regione Lazio del 3,3 (record italiano). Addio bonus. Da qui si può partire per qualche empirico suggerimento. Primo: affamare la bestia. La strada indicata da Ronald Reagan per l’apparato federale americano resta attuale per sindaci, governatori e cacicchi vari d’Italia. Si blocchino tutte le addizionali finché le amministrazioni non danno dimostrazione concreta di risparmio su altri fronti. I 55 mila dipendenti del Campidoglio sono tutti produttivi? E’ corretto mantenere il 51 per cento dell’Acea quando il Tesoro controlla l’Enel con il 25? Che solo 16 dei 42 mila (!) immobili comunali fruttino più di mille euro al mese?

 

Qui serve il commissario, che consenta di approdare a una gestione secondo criteri di mercato di tutto questo patrimonio, altro che Mafia Capitale. Stessa cosa per la regione che manovra anche l’Irap; e per le altre regioni con parametri sballati.
Prendiamo – secondo punto –  l’Umbria e il suo record di pensioni d’invalidità, erogate dalle Asl regionalizzate. L’Umbria ha 6,7 invalidi per cento abitanti; a seguire vengono Sardegna, Calabria e Campania. Tutte molto al di sopra della media nazionale, alla quale contribuiscono; il doppio o triplo di Trentino e Lombardia. Dunque, controllare a tappeto gli assegni in corso e tagliare senza timore dei “diritti acquisiti”, che diritti non sono.

 

Il welfare regionale ci porta al welfare nazionale: terzo punto. Con l’Isee (Indicatore situazione economica equivalente) milioni di contribuenti non pagano buona parte di servizi pubblici e rette scolastiche. Già le truffe conclamate pesano per due-tre miliardi l’anno, ma è proprio il sistema da rifare: non basta dar più peso alla casa e al conto corrente. Occorre proibire l’autocertificazione e soprattutto rivedere la base, cioè gli imponibili. Citiamo Attilio Befera, ex capo dell’Agenzia delle entrate: “In Italia l’evasione riguarda in gran parte i redditi bassi, perché 15 mila euro l’anno non sono credibili”. Che cosa aspettiamo? Si pensa che sia di destra la linea David Cameron “meno welfare, meno tasse”? E a proposito di welfare: perché certe detrazioni in denuncia dei redditi? Giulio Tremonti diceva che non si tagliano le tasse per finanziare palestre e finestre. Per dire: gli scontrini farmaceutici; simbolo di 720 agevolazioni, deduzioni e detrazioni che valgono – tenetevi – 253 miliardi l’anno. Limate del 20 per cento consentirebbero una manovra epocale, e strutturale, sull’Irpef. Quasi la flat tax. Rimettete i soldi in tasca ai contribuenti, e poi li spendano come vogliono, anche in farmacia.

 

[**Video_box_2**]Ma nulla si fa senza doveri stringenti per i dirigenti pubblici. Ieri sul Foglio abbiamo scritto dell’ipotesi (che circola) secondo la quale, nella riforma della Pubblica amministrazione, si possano vincolare i civil servant a obiettivi di risparmio da destinare poi alla cancellazione progressiva dei 40 miliardi di Irap. Discorso tanto più attuale per i 400 dirigenti delle agenzie fiscali, ed è forse un segno che Renzi (oltre a bloccare una riforma del catasto con rincari monstre) voglia trasferirli in un ruolo unico sotto l’ala di Palazzo Chigi. Il rottamatore riprenda coraggio. E ricordi come cadde George Bush Sr.: non tenne fede al famoso “read my lips, no new taxes”.