John Cryan

Chi è il riflessivo capitano di Deutsche Bank nella tempesta

Alberto Brambilla
John Cryan è il banchiere venuto da Londra che ha catturato i tedeschi con la sua attenzione ai numeri e soprattutto ai tagli

Roma. L’annuncio della nomina di John Cryan al vertice di Deutsche Bank, bastione della finanza tedesca, ha fatto gongolare gli azionisti che in precedenza avevano tolto l’appoggio a Anshu Jain e Jürgen Fitschen, i due co-ceo in uscita rispettivamente a fine giugno e a inizio 2016. La mancanza di chiarezza sulle strategie di espansione e l’impressione che non avessero difeso la reputazione della banca dagli scandali, dalla manipolazione del tasso Libor ai finanziamenti alla Russia sotto sanzioni, è stata loro fatale. A Cryan l’onere di dimostrare che un solo banchiere potrà fare ciò che non è riuscito a due insieme. Cryran, inglese di 54 anni, ex chief financial officer di Ubs, dovrà scegliere se ripetere i loro errori oppure adempiere la missione che gli era stata assegnata: ovvero trasformare Deutsche Bank in una banca d’investimento che, per quanto già globalizzata, riesca pure a competere alla pari con i big di Wall Street e intanto creare in patria una banca commerciale autonoma da fondere con Postbank, capace di reggere la competizione delle casse locali sostenute dallo stato.

 

La sfida è grossomodo quella cominciata dal compianto ex presidente Alfred Herrhausen venticinque anni fa, ucciso nel 1989 in un attentato rimasto senza colpevoli assicurati alla giustizia. I termini del cambio al vertice confermano la tendenza recente nelle banche d’investimento europee a sostituire i manager che hanno una preparazione nel reddito fisso con quelli specializzati in finanza per l’impresa (Grübel con Ermotti in Ubs nel 2011, Diamond con Jenkins in Barclays nel 2012, Dougan con Thiam in Credit Suisse nel 2015). Il mercato ha applaudito a Cryan. Il titolo è salito dell’8 per cento dopo la notizia diffusa domenica. Lo stupore degli scorsi giorrni era stato eccessivo, visto che il voto che ha sfiduciato i top manager risale a maggio; senza contare che gli entusiasmi si sono spenti ieri in seguito alle perquisizioni nella sede centrale di Deutsche Bank a Francoforte, preludio di “ampie investigazioni” della procura su truffe operate dai suoi clienti, e al declassamento del merito di credito da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (da A a BBB-). Le speculazioni circa una radicale revisione della strategia della banca all’orizzonte del 2020 appaiono inoltre sopravvalutate alla luce del fatto che Cryan già dal 2013 fa parte del Supervisory board che quella strategia l’ha ratificata. Il profilo tracciato ieri dal Financial Times rafforza l’impressione che Cryan si concentrerà sul taglio dei costi e degli emolumenti. E’ un “uomo timido” che definì la festa del 150esimo anniversario di Ubs alla lussuosa Somerset House di Londra “uno spreco di soldi”.

 

[**Video_box_2**] Nel 1990 quand’era alla SG Warburg, banca d’investimento inglese poi rilevata da Ubs, dove ha lavorato per venticinque anni, mangiava sempre nella mensa a buon mercato della banca, si presentava alle riunioni con una vecchia borsa di pelle nera e viaggiava in classe economica. “A confronto con il jet privato di Anshu Jain, questo sarà un bello choc”, ha detto Davide Serra, fondatore del fondo hedge Algebris, e suo collega a Warburg. Lo spirito teutonico del banchiere britannico ha catturato l’attenzione del board di Deutsche Bank. In comune con l’establishment tedesco, Cryan sembra avere anche l’attenzione maniacale ai numeri, all’analisi approfondita fino all’eccesso dei dettagli di qualsiasi cosa. “Non guiderà le sue truppe in battaglia. Ma è molto analitico e riflessivo”, ricorda al Ft il suo ex collega Olivier Sarkozy, banchiere di Carlyle, e fratellastro dell’ex presidente francese Nicolas. Sono pochi a scommettere che farà rivoluzioni, è probabile che si concentrerà sul rafforzamento della banca, con qualche sforbiciata.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.