Dove va il 24 Ore?

Alberto Brambilla
L’associazione degli industriali è sempre più schierata dalla parte del governo di Matteo Renzi e inizia a dimostrare insofferenza verso la linea editoriale anti governativa proposta dal quotidiano di scuderia, il Sole 24 Ore.

Roma. L’associazione degli industriali è sempre più schierata dalla parte del governo di Matteo Renzi e inizia a dimostrare insofferenza verso la linea editoriale anti governativa proposta dal quotidiano di scuderia, il Sole 24 Ore. Giovedì mattina all’assemblea della giunta di Confindustria, il Parlamento del sindacato degli imprenditori, ci sono stati diversi interventi di esponenti delle associazioni territoriali e di categoria che hanno criticato quella che viene giudicata un’anomalia storica per il giornale dalla tradizione non ideologica (per non dire filogovernativa). D’altronde Confindustria non può che parteggiare per Renzi dopo avere ottenuto in quattordici mesi l’alleggerimento dell’odiata Irap, il depotenziamento dell’articolo 18, incentivi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato, la promessa dell’armonizzazione fiscale (cose mai viste in vent’anni). Tuttavia il Sole, diretto dal 2011 da Roberto Napoletano, offre una rappresentazione della realtà lontana dall’umore della ditta e produce attacchi autonomi all’esecutivo che risultano incomprensibili per gli industriali. “Non si contestano opinioni diverse, ma l’atteggiamento generale”, dice un big che pretende l’anonimato.

 

Per i critici, le pagine del quotidiano finanziario, classe 1965, sono diventate una rampa di lancio per iniziative imbarazzanti. L’intervista al premier deposto Enrico Letta, l’intervento da columnist di Lorenzo Codogno, ex dirigente del ministero dell’Economia sostituito da Pier Carlo Padoan, l’equiparazione del Documento di economia e finanza a “un’arma di distrazione di massa”, l’articolo sui migranti di Barbara Spinelli, editorialista con un posto all’Europarlamento, valido per un comizio di Sel.

 

Il vicepresidente di Confindustria, Stefano Dolcetta, che giovedì moderava la plenaria ha annotato le critiche e riferirà al presidente Giorgio Squinzi, deputato a tenere i rapporti con i vertici del quotidiano (giovedì Squinzi era assente per motivi di salute).

 

Non è un problema di censura, il problema è che il principale quotidiano economico del paese negli ultimi tempi ha perso palla sui contenuti d’interesse per le aziende – che peraltro produce in una condizione di quasi monopolio editoriale – e alza il sopracciglio a ogni fiato da Palazzo Chigi col risultato di fare apparire Confindustria un sindacato di “prenditori” dal costante piglio rivendicativo (stante il fatto che gli industriali sono bravissimi a chiedere la revisione della spesa, salvo che non vada a toccare loro aree riservate). Dopodiché è chiaro che gli industriali si stanno mettendo al vento, sanno che Renzi resterà a Palazzo Chigi per un bel po’. D’altra parte si stanno muovendo con una certa abilità rispetto al principale sindacato dei lavoratori, la Cgil, che non perdona al governo di avere chiuso la Sala Verde. Confindustria ha tra gli azionisti forti le aziende a partecipazione pubblica (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Ferrovie) e rivendica di avere voce in capitolo sull’orientamento generale del quotidiano edito dal Gruppo 24 Ore di cui possiede la maggioranza delle azioni (67,5 per cento), perché è alla ditta che verrà chiesto di appianare i bilanci.

 

[**Video_box_2**]Il Gruppo, che giovedì ha riunito l’assemblea dei soci della Sole 24 Ore Spa per approvare il bilancio dell’anno scorso, ha realizzato importanti plusvalenze vendendo attività satellite e si fa forte del primato nazionale nella diffusione dei prodotti editoriali sui supporti digitali (àncora per migliorare i conti nel prossimo trimestre) ma la gestione caratteristica resta in perdita per 30 milioni di euro e serviranno capitali freschi. Il direttore Napoletano (dirige anche Radiocor e Radio 24) ha elencato in una nota le iniziative editoriali recenti insistendo sulla nuova piattaforma in lingua inglese che “si rivolge alla platea mondiale degli investitori attenta alle nostre cose e si propone di raccontare, con le sue analisi e le sue Infodata, il paese per quello che è nel bene e nel male” (e qui forse la proprietà gradirebbe un’analisi benevola o almeno non ideologica). La richiesta di una sterzata – ma nella gestione manageriale – arriva anche dai giornalisti del quotidiano che giovedì hanno fatto sciopero delle firme (la seconda volta in un mese) in protesta per i “gravissimi errori gestionali” passati scaricati sulle maestranze e per evidenziare un problema di governance, vista la sovrapposizione dei poteri negli organi di vertice.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.