Il futuro è sempre più drone

Gabriele Moccia
Solo le greppie regolatorie possono atterrare i velivoli senza pilota (anche) per scopi civili. Cosa bolle in Finmeccanica.

Gettano scompiglio tra i prati di Washington, bruciando carriere nello Us secret service, volano per i cieli di Parigi, Amazon ha detto che li vuol fare diventare i nuovi postini dell'e-commerce. Il futuro sarà sempre di più drone, secondo un recente studio americano. Il destino degli aerei senza pilota, i droni o Uav, è florido e in crescita, soprattutto per quanto riguarda il mercato civile.

 

Questo è quanto emerge dal report pubblicato di recente da WinterGreen Research, che traccia le prospettive di crescita commerciale per il settore sino al 2021. Da un valore di partenza di 600 milioni di dollari nel 2014, in quell'anno il mercato dovrebbe raggiungere quota 5 miliardi di dollari, dicono gli analisti di WinterGreen. Questa crescita del mercato sarà principalmente dovuta all'innalzamento della frontiera tecnologica – aumento delle quote di volo operative, maggiore autonomia di volo, ecc. – collegato, di conseguenza, alla possibilità di aumentarne gli impieghi e l'efficacia negli stessi.  

 

Ad esempio, sempre più società attive nell'oil&gas utilizzeranno droni per la mappatura (anche in 3d) e monitoraggio di pozzi e giacimenti, piuttosto che per il controllo di gasdotti ed elettrodotti. Altrettanto numerosi gli utilizzi per il settore agricolo. Susan Eustis, a capo del team di ricerca di WinterGreen, sostiene che gli impieghi degli Uav aumenteranno in maniera esponenziale e non solo nel settore della sicurezza, ordine pubblico e controllo delle frontiere. I principali player si confermano tutti Usa: Lockheed Martin, Textron, Boeing e Northrop Grumman. Textron ha vinto di recente un appalto di 51 milioni di dollari dallo Us Army, mentre  la Boeing, attraverso la sua divisione droni, Insitu, ha appena consegnato una partita di aeroplanini al Socom, il comando forze speciali del Pentagono.

 

Tutti segnali che dimostrano che, per adesso, il mercato è ancora fortemente ancorato agli impegni pubblici nel campo della difesa. Il trend si potrebbe presto invertire e non è escluso il rischio di qualche bolla. Venture investors come Andreessen Horowitz, First Round e Google Venture sono stati i primi ad arrivare sul mercato, lanciando un rally per la raccolta. A loro si stanno aggiungendo via via gruppi come Intel o Qualcomm, più interessati però a creare sinergie industriali nello sviluppo di software per la navigazione e la gestione dei droni. Intel ha da poco lanciato una partnership con 3D Robotics. L'unico vero rischio sembra essere quello regolatorio.

 

Eric Norlin di SK Ventures, intervistato qualche mese fa da Tech Crunch, ha detto chiaramente che gli investimenti potrebbero diminuire nel caso in cui le agenzie  di sicurezza al volo, come l'americana Faa o l'europea Easa, dovessero introdurre leggi più stringenti. In Europa, la vicenda è normata da un regolamento comunitario che risale al 2008 e solo nel 2014 la Commissione ha proceduto a stilare una comunicazione sull'apertura del mercato dell'aviazione all'uso civile degli Uav. Oltreoceano, il senatore democratico del New Jersey, Cory Booker, ha da poco depositato il Commercial UAV Modernization Act che punta proprio a superare le resistenze della Faa,  che sino ad ora ha concesso pochissime licenze. La proposta di legge, che ha ricevuto appoggio anche dai repubblicani, punterebbe a liberalizzare il settore, permettendo il volo anche al di sotto dei 500 piedi (quota limite introdotta dalla Faa).

 

Anche in Cina, la crescita delle spese militari ha parallelamente spinto anche  i produttori di droni. Nella provincia dello Shenzen è attiva la Da-Jiang Innovation, un colosso degli aeroplanini che, solo facendo droni, ha ottenuto ricavi per 1 miliardo di dollari lo scorso anno. Il suo ceo Frank Wang, che ha tirato su D-JI quando era ancora al college nel 2006, è ora intenzionato a rivolgersi al mercato per raccogliere capitali e portare la valorizzazione del gruppo a 10 miliardi di dollari.

 

[**Video_box_2**]Ma nel futuro dei droni non sembra esserci solo l'aria. U-Drones, questo il nome del progetto congiunto da 17 milioni di sterline appena varato tra i ministeri della Difesa di Francia e Regno Unito per lo sviluppo di droni navali. Gli U-Drones saranno costruiti da Thales e Bae. Anche in Italia qualcosa sembra muoversi, seppur lentamente. L'ad di Finmeccanica Mauro Moretti, ha detto di essere molto interessato al tema, magari sviluppando possibili sinergie tra Selex e Fincantieri che già esistono per sul navale convenzionale. C'è poi Piaggio Aerospace, che si è appena aggiudicata al salone di Abu Dhabi un contratto con l'Aeronautica Militare per lo sviluppo di un drone a media altitudine nostrano. Tuttavia, date le dimensioni dei competitor esteri, varrebbe forse la pena ragionare sulla creazione di un campione nazionale unico che sia dotato di più risorse e capacità commerciali globali.

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