Basta baruffe sulla banda larga

Redazione
Perché Renzi dovrebbe ascoltare gli operatori (e non solo Bassanini)

Il governo Renzi ha il merito di avere messo al centro dell’azione politica la digitalizzazione dell’Italia. Gli obiettivi dell’Agenda digitale europea 2020 sono chiari (50 per cento della popolazione collegata a 100 mega bit al secondo, 50 per cento a 30) e raggiungibili, anche perché l’iniziativa governativa ha consentito un rilancio dei piani di investimento dei privati. Perché allora volano stracci tra il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini e il presidente di Telecom Italia, Giuseppe Recchi? Quello che è strano (paradossale, dice Recchi) è che il motivo del contendere è che entrambi vogliono investire. In un normale paese occidentale, il governo accoglierebbe un privato che investe per la fibra ottica. E, visto che si tratta di un progetto per il paese, cercherebbe di sedersi al tavolo con gli operatori (Telecom, Fastweb e Vodafone) che hanno realizzato o stanno realizzando parte della banda ultralarga.

 

Ci sta che il governo voglia accertarsi che le promesse saranno mantenute e potrebbe immaginare un check periodico per non farli svicolare, pur tenendo conto che non usano denaro pubblico. Altro paradosso: i privati non vogliono soldi pubblici per fare le loro reti, la Cdp, cioè lo stato, sembra invece volerli per finanziare l’investimento molto dispendioso e con tempi lunghi (altro che 2020) preteso da Metroweb. Quella di Metroweb, società presieduta da Bassanini, sarebbe una rete parallela a quelle create – senza aiuti – da Telecom e Fastweb nelle principali città. Così avremmo una rete tripla nei centri più grandi e verrebbero sottratte risorse utili alle aree a fallimento di mercato e capaci di stimolare la domanda di internet nelle famiglie e nelle imprese. Un’Italia a due velocità insomma. E’ quello che vogliamo?

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