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Quote latte addio, ma le proteste restano

Luciano Capone
Termina un sistema dannoso per i produttori, che ha fatto distrarre risorse dagli investimenti nelle aziende alla compravendita delle quote e costoso per i consumatori e per i contribuenti. Ma sono già iniziate le denuncie per i possibili effetti negativi della liberalizzazione.

Dopo più di trent’anni finisce il regime delle quote latte, quel sistema europeo che imponeva agli allevatori di mungere nella quantità stabilita dall’Europa. È la fine di un rigido protezionismo che ha tenuto artificialmente alto il prezzo del latte, impedito lo sviluppo del settore e ignorando le esigenze dei consumatori. Con le quote latte se ne vanno decenni di proteste: quelle di chi produceva troppo o non voleva produrre di più, quelle dei legalitari che se la prendevano con chi non rispettava le regole. Vengono così archiviate le polemiche politiche, le multe pagate e non pagate, la mucca “Onestina” (quella del latte legale), i blocchi stradali, il letame e il latte versato nelle piazze. Termina un sistema dannoso per i produttori, che ha fatto distrarre risorse dagli investimenti nelle aziende alla compravendita delle quote, costoso per i consumatori e per i contribuenti costretti a pagare per controlli che avevano lo scopo di mantenere il prezzo alto e per miliardi di multe pagate all’Europa.

 

È una notizia dal valore fortemente simbolico nell’anno dell’Expo, che ricorda a tutti, soprattutto in questo periodo in cui il governo parla di un costituzionalizzare il “diritto al cibo”, che i limiti alla produzione sono l’opposto di ciò che serve per sfamare le persone e nutrire il pianeta.

 

 

 

Tutti contenti? No. In piazza ha sfilato la Coldiretti e non per festeggiare la fine di un regime dannoso, ma per denunciare i possibili effetti negativi della liberalizzazione. “Con la fine del regime delle quote latte è prevedibile un aumento della produzione lattiera comunitaria quest'anno stimata pari al 6 per cento – dice la Coldiretti -  con il rischio di una vera invasione straniera in Italia dove si importa già quasi il 40 per cento dei prodotti lattiero caseari consumati”. Insomma, dopo anni di proteste contro le quote latte che impedivano di produrre di più, ora si protesta contro l’abolizione delle quote che permettendo di produrre di più fa abbassare i prezzi. Immancabile il richiamo al patriottismo lattario, non spiegando però perché il latte degli altri sia peggiore del nostro.

 

Evidentemente la soluzione ideale per la Coldiretti sarebbe libertà di produzione per noi e quote per gli stranieri, ma non pare un obiettivo razionale né raggiungibile. Se la questione non riguarda la qualità del latte, ma la difficoltà delle nostre aziende a competere a livello europeo, bisognerebbe individuare e risolvere le cause della scarsa competitività più che chiedere vecchie-nuove forme di protezionismo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali