Davide Serra

Le manovre da bravo ragazzo del “bad boy” Davide Serra

Ugo Bertone

Più che lupo di Wall Street, incarna lo spirito della “finanza per la crescita” che tanto piace a Palazzo Chigi. E con il patron di Mediolanum, s’intende su tutto, quattrini e rapporti con la politica

Milano. I giornali, almeno quelli italiani, non li legge. Lui, per quanto ne sappiamo, così dice. “Di italiano – assicura – guardo solo i bollettini della Banca d’Italia e della Ragioneria”. Ma i giornalisti non li delude mai. “Ci sono presidenti di banche che sono lì da 20 anni a fronte di titoli che sono crollati anche del 90 per cento e ci sono board che sembra di essere al museo egizio”. Parla così Davide Serra da Genova, classe 1971, londinese d’elezione, per formazione figlio di quella Bocconi (“non ci mettevo piede da vent’anni”) in cui è tornato martedì sera forte dell’ormai consolidata fama di renziano doc. Al fianco di Ennio Doris, uno che ha dedicato la prima sala del museo di Mediolanum a una grande foto di Silvio Berlusconi, “l’uomo a cui devo tutto”, e che ha da poco affidato a Serra la gestione del Financial Income Strategy, fondo basato su strumenti raffinati e per palati fini, che sarà collocato dalla rete della società che, pur con i limiti imposti da Banca d’Italia, continua a far capo anche alla famiglia del leader di Forza Italia.

 

“Abbiamo scelto Serra perché lui non sbaglia mai”, spiega Doris a chi gli chiede la ragione del connubio. “Sbagliamo, sbagliamo”, sorride, quasi umile, il patron di Algebris, società di gestione del risparmio da lui creata nel 2006, poco dopo aver ricevuto a Davos il premio quale Young Global leader. Non è falsa modestia, ruolo che non si addice a Serra, ma un modo per levar subito di torno l’argomento più scomodo: la speculazione sfortunata sulle banche Popolari che gli è costata una giornata di domande scomode in Consob e una perdita, per i suoi clienti, di 21,3 milioni in un giorno, il 30 per cento di quanto investito. “In una logica di portafoglio – così il finanziere spiega la sua batosta – abbiamo ridotto i nostri investimenti, in scia ai timori legati alla Grecia di quelle settimane”. Viene scontato parlare di Nazareno della finanza, di fronte agli scambi di battute e di suggestioni dei due che hanno nel sangue la tempra del mattatore. Ma qui si parla di cose serie, vedi i quattrini, mica di chiacchiere qualsiasi. Anche se non è certo la prima volta che Doris va in avanscoperta in praterie nuove, anche per conto di Berlusconi.

 

Anche la liaison con Mediobanca, a suo tempo, nacque dalle relazioni d’affari con piazzetta Cuccia in Banca Esperia. E poi, a giudicare dalla serata in Bocconi, sono d’accordo un po’ su tutto.  Sul futuro delle banche, che non saranno più di 200 in tutto il mondo e senza sportelli. O sull’energia (“l’età della pietra – sentenziano i due – non è finita perché son finite le pietre ma perché gli uomini hanno imparato a forgiare i metalli, stessa cosa per il petrolio, che sarà sostituito dal solare”). Insomma, l’ottimismo di Doris si sposa bene con il dinamismo di Serra, che oggi si sforza di correggere, per quanto possibile, il look: basta, o quasi, con i panni del rottamatore della finanza, il lupo della City, quello che è sceso in campo a testa bassa contro le gerontocrazie di Generali o di Mediobanca: sì, invece, agli “animal spirits” della nuova Italia risvegliata dalle riforme di Renzi, di quel “Rinascimento?” che intravedono – per ora nei report – le banche d’affari.

 

Di qui il varo di un paio di iniziative in linea con “la finanza per la crescita” che tanto piace a Palazzo Chigi: il fondo dedicato ai non performing loans, 400 milioni e più per collezionare e rimettere a nuovo i rottami accumulati dalle banche in attesa della bad bank che l’Unione europea frena da mesi. E presto via libera al fondo, per ora più piccolo, che piloterà la clientela, internazionale più che italiana – si parla comunque di investitori istituzionali, non retail – verso le piccole e medie imprese nostrane (“uno dei problemi chiave del paese”, ammica Ennio). “Noi siamo tornati a guardare all’Italia – in realtà assieme ad Algebris anche una manciata di fondi anglosassoni, sondati dall’esecutivo, è tornata ad affacciarsi con interesse – visto che il governo fa le riforme, il petrolio cala e azzera il rischio di crisi energetica anche qualora il gas non arrivasse più, e l’euro verso la parità aiuta. Stando così le cose vogliamo portare capitali stranieri a investire in Italia”, tuona Serra. Altro che “finanziere delle Cayman”, come a suo tempo l’aveva pittato (per questo querelato e poi assolto per diffamazione) Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd. Del resto lui, a scanso di equivoci, la società alle Cayman l’ha chiusa. O il cattivo che figura, senza aver commesso reati o infrazioni di sorta, nella lista Falciani Semmai un “bravo ragazzo”, uno che lavora come usa nell’ambiente durissimo della City anche 18 ore al giorno, “un benestante – non un super Paperone, ha voluto precisare – che ha sempre pagato le tasse” con l’ambizione di voler essere sempre il primo della classe come gli è già successo nel miglio d’oro della finanza inglese, vincendo nel 2012 la gara per rendimento tra gli hedge fund o dando vita ai primi fondi specializzati nei Cocobond che tanto successo hanno avuto al Credit Suisse o in Barclays.

 

Ha esordito come iscritto nel Pd, sezione di Londra, spiegando dal palco della Leopolda che lo sciopero dei dipendenti pubblici va vietato, suscitando l’inevitabile e scontato vespaio che tanto gli piace. E che probabilmente diverte anche Renzi.  Di lui, del resto, tutto si può dire, salvo che abbia sfondato nel mondo della finanza grazie alla politica. Anche se certi legami ormai lo aiutano. Ma lui la vede in altro modo: “Con Renzi – dice – non siamo amici, non facciamo le vacanze assieme. Lo consiglio gratis, come faccio con altri ministri”. Doris, che di consigli in carriera ne ha dati pure lui, sarà d’accordo anche stavolta.


 

In una versione precedente di questo articolo Davide Serra era indicato come "il patron di Algebris, il fondo speculativo da lui creato nel 2006". È stato modificato, su sollecitazione dello stesso, come "il patron di Algebris, società di gestione del risparmio".