Renzi e la nuova "mission impossible" alla Bpm

Redazione
Far convivere l'impegno etico delle popolari con trasformazione in Spa? Per Giarda serve un miracolo

Milano. Fra poco arriverà anche il francobollo. Prima banca in Italia, la Bpm è riuscita ad ottenere dal ministero dello Sviluppo economico di inserire nella programmazione filatelica delle Poste un francobollo celebrativo dei suoi 150 anni. Perché a Piazza Meda sono partite ufficialmente ieri, con un evento sotto la cupola di vetro della Sala delle Colonne, le celebrazioni per l'anniversario della banca milanese, che è nata nel 1865 sull'idea che la borghesia imprenditoriale meneghina potesse mettersi insieme alle prime tracce del movimento operaio per creare una banca caratterizzata fin da subito da un paradosso: il voto capitario in presenza di diversità di capitale. In altri termini, mentre le quote di partecipazione al capitale variano da azionista ad azionista, il peso nelle decisioni è identico per tutti i soci, a una testa corrisponde un voto in assemblea.

 

Per alcuni si tratta però di una governance, un sistema di governo della banca, poco efficiente per una realtà quotata come lo è la Bpm, ma anche le altre maggiori popolari. Così, dopo anni di promesse di autoregolamentazione dall'interno, il governo Renzi si è stufato e ha deciso di calare dall'alto una riforma che impone, entro 18 mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative della Banca d'Italia, la trasformazione in società per azioni delle banche popolari con più di 8 miliardi di attivi. Il decreto legge, che punta a favorire le aggregazioni interne e rendere più facile raccogliere capitali, è stato approvato alla Camera e deve passare in Senato per la seconda e probabilmente ultima lettura.

 

Per Piero Giarda, economista dai diversi trascorsi governativi e da poco più di un anno presidente del Consiglio di Sorveglianza della Bpm, è necessario accettare che l'intervento del legislatore è fatto "nell'interesse strategico della nostra collettività". Eppure il suo piglio pacato ma mai casuale è molto più eloquente di quanto le parole non esprimano.

 

"Come abbiano fatto a sopravvivere le banche popolari in questa contraddizione di avere comportamenti orientati al profitto regolati alle spalle dal principio del voto capitario, che è un voto di democrazia, è una cosa che mi interessa come professore ed evidentemente ha interessato anche il Legislatore, che ha dato la sua risposta – ha commentato nel corso della  presentazione a una platea affollata da giornalisti e ospiti – Questa compatibilità storica diventa un'incompatiblità giuridica". Giarda parla di "miracolo" che deve essere realizzato e di "mission" che non deve diventare  "impossibile".

 

"Non so come si realizzerà il miracolo di cambiare la forma giuridica mantenendo questo impegno etico, certo retto dalla redditività, di sostenere le imprese e l'economia dei territori", ha detto Giarda spiegando che la banca negli anni è andata a sostenere uno sviluppo industriale senza equity. Un vanto che però è anche "il rimprovero che ci fanno tutti gli studiosi, di aver favorito una crescita delle imprese con il credito bancario e non con l'equity, quindi a scapito della Borsa e dando alibi alle imprese per non capitalizzarsi".

 

"Dobbiamo gestire questa mutazione genetica del nostro essere senza venir meno ai nostri princìpi e ai nostri scopi – ha concluso – Abbiamo bisogno del vostro aiuto perché questa mission non sia una mission impossible".

Di più su questi argomenti: