Jamshedpur, una città "privata" indiana di 700 mila abitanti

Così fioriscono le “città private”, antidoto al caos pianificato

Luciano Capone
Globalizzazione, aumento della popolazione e sviluppo economico stanno facendo aumentare il numero di nuove città. E’ un fenomeno, quello dell’urbanizzazione, che ha attraversato qualsiasi società industriale. E ora tocca i paesi in via di sviluppo.

Milano. Globalizzazione, aumento della popolazione e sviluppo economico stanno facendo aumentare il numero di nuove città. E’ un fenomeno, quello dell’urbanizzazione, che ha attraversato qualsiasi società industriale. E ora tocca i paesi in via di sviluppo. Le differenze rispetto al passato riguardano i numeri di nuovi “cittadini”, che sono grandissimi, e i tempi della migrazione dalle campagne, che sono rapidissimi. Entro il 2050 la popolazione urbana mondiale supererà i 6 miliardi dai 3,9 di oggi, solo l’India dovrà costruire infrastrutture urbane per oltre 400 milioni di persone, una cifra superiore alla popolazione degli Stati Uniti. Ma come si può affrontare una sfida così grande nella maniera migliore? Sul New York Times l’economista della George Mason University Alex Tabarrok, insieme a Shruti Rajagopalan, sostiene che una risposta può arrivare dalle città private: “Abbiamo bisogno di sperimentare nuove forme urbane e nuove forme di pianificazione urbana, città progettate e gestite privatamente”.

 

Questo perché il modello di pianificazione urbana dall’alto utilizzato per esempio in Cina non sta dando buoni frutti: sono stati sprecati miliardi di dollari per costruire città fantasma e infrastrutture che non hanno alcun legame con le esigenze delle persone che avrebbero dovuto vivere quei luoghi. All’altro estremo gli economisti indicano città indiane cresciute in maniera anarchica dal basso come Gurgaon che hanno avuto un immenso sviluppo economico attraendo multinazionali, un’enorme crescita della popolazione e un’espansione dei servizi all’avanguardia, ma in cui mancano servizi essenziali come fogne, acqua ed elettricità per l’assenza di una pianificazione. In mezzo, tra le città fantasma e quelle anarchiche, c’è secondo Tabarrok un modello virtuoso che è quello delle città pianificate privatamente. Una è Jamshedpur, una città indiana di 700 mila abitanti, nata a inizio Novecento per opera di Jamshedji Tata, il fondatore del più grande gruppo imprenditoriale indiano. La città è considerata una delle migliori in India per qualità dei servizi e ovviamente non è abitata da 700 mila miliardari che giocano a cricket, ma da operai giunti per lavorare nel gruppo Tata. Il fatto che Tata fosse proprietario del terreno su cui è nata la città ha fatto sì che fosse possibile investire in infrastrutture “pubbliche”, a differenza della città anarchiche in cui nessuno ha interesse a farlo. Altri esempi secondo Tabarrok – che anni fa ha dedicato un libro alle “città volontarie” – sono Reston e Irvine, nate nel Dopoguerra come comunità private un po’ nello stile delle città utopiche socialiste ottocentesche (senza però dimenticare la sostenibilità finanziaria), considerate tra le più vivibili degli Stati Uniti.

 

[**Video_box_2**]Ci sono poi anche grandi città che sono state con successo “privatizzate” come Sandy Springs in Georgia, dove tutti i servizi eccetto la polizia e i pompieri sono stati messi a gara e affidati ai privati. Il sogno o il bisogno di edificare “privatopie”, ovvero città a misura dei propri ideali ed esigenze, ha avanguardie estreme come Patri Friedman, nipote del Nobel Milton e figlio di David, che con il supporto finanziario di Peter Thiel, il fondatore di PayPal e tra i primi finanziatori di Facebook, vuole attraverso lo Seasteading Institute realizzare il sogno randiano di costruire piccole città autonome su piattaforme nelle acque internazionali. L’idea dei libertari americani è futuristica ma non originale, la primogenitura spetta all’ingegnere italiano Giorgio Rosa, che nel ’68 fondò a largo di Rimini la sua “Galt’s gulch” su una avanguardistica palafitta da 400 metri quadrati: l’isola delle Rose. La gloriosa storia della Repubblica delle Rose fu breve, dopo pochi mesi lo stato italiano l’affondò con mille chili di esplosivo. Le città private ora fioriscono ad altre latitudini e forse avranno un futuro migliore.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali